domenica 29 gennaio 2012

SULLE STRADE DEI BRACCONIERI: SECONDA PUNTATA


LA GRANDE MADRE SAVANA E LE ZANNE DI KISII
La savana è la materia.
E’ ciò di cui siamo fatti tutti e da cui tutti proveniamo.
Non sono solo i mesozoici elefanti e le grottesche giraffe a ricordarcelo.
Ce lo dicono le improvvise colline che sono frammenti della Rift Valley, le acacie ad ombrello disseminate come funghi antidiluviani, gli enormi massi scolpiti da centomila anni di vento.
Ce lo insegnano la disperata corsa della gazzella per sfuggire ai felini, la grottesca lotta di corna tra l’orice e l’antilope d’acqua per spartirsi una buona zona d’erba, l’incazzatura collettiva dei bufali, la marmorea attesa dello sciacallo, la vita a strisce delle zebre e quella a stelle del marabù.
La savana ora è ai nostri piedi e assorbe un cielo insolito, appannato.
Un cielo molto poco africano.
Pascal, il ranger, ci spiega che la guardia scelta a cui i bracconieri hanno sparato la sera prima, sta lottando a Nairobi tra la vita e la morte.
Saliamo sul Poachers Lookout, il colle d’avvistamento dello Tsavo Ovest.
Abbiamo dribblato le pietre laviche delle Chyulu Hills, le piste sabbiose che portano alle sorgenti di Mzima Springs, dove l’ippopotamo regna assonnato e la fitta foresta è nascondiglio naturale.
I bastardi conoscono la materia e la loro provenienza.
Hanno tagliato più volte la testa alla grande madre Savana.
L’hanno stuprata e la stanno rendendo sterile.
E’ una storia antica come quella della terra, l’estenuante ripetersi dei soprusi e della vigliaccheria.
Lo Tsavo West in pochi anni è stato svuotato di elefanti e in genere di tutti gli animali.
Paesaggi mutevoli e misteriosi, desertici e lunari, duri, montani o boschivi. Pochissimi esemplari, però.
Da qui i contrabbandieri d’avorio risalgono le verdi colline d’Africa, s’inoltrano nel maasai mara e proseguono per Kisii.
Sono le lande della pietra saponaria, quella sorta di alabastro duro con cui si fanno animaletti, portaoggetti ed altre diavolerie inutili che i cinesi preferiscono in avorio.
Così i bracconieri hanno ceduto il passo ai trafficanti.
Finanziati da uomini d’affari asiatici, arrivano con pesanti automezzi a Kisii e preparano i carichi che finiranno al porto di Mombasa.
Con grosse seghe circolari fanno a pezzi le lunghe zanne, poi mescolano elefanti di saponaria con i preziosi resti di quelli che hanno ucciso.
Un’orrenda mescolanza di reale e irreale, un teatro dell’assurdo e dell’inutile da esportazione.
Tutto nei container che, caricati su grossi tir, riprendono a macinare chilometri nella direzione opposta.

(fine seconda puntata)

lunedì 23 gennaio 2012

SULLE STRADE DEI BRACCONIERI: PRIMA PUNTATA


VOI, L'INSOSPETTABILE CROCEVIA DELL'AVORIO
Non diresti che è un crocevia del contrabbando. Voi è adagiata tra colline solitarie ed improvvise rocche, con i piedi in savana e le ginocchia sulla Mombasa-Nairobi, la statale dei camion. Se fosse una donna, potrebbe avere i tratti somatici di quelle sudamericane d’altura, un po’ contadina india un po’ stregona maya, ma non abbastanza guerriera da creare scompiglio e libertà.
Sempre battuta dai venti e dal passaggio degli eventi, tiene i colori dell’Africa all’interno di un composto mercatino scosceso, dove tutto è accomodato e accomodante.
Persino il capolinea dei matatu non è chiassoso come in ogni altro borgo di queste parti.
Basta passare da Mariakani o da Mtito Andei, per accorgersi della differenza.
Per non distrurbarti, qui la gente quasi non ti sorride nemmeno.
Il mzungu è cosa rara, è un alieno che non scende mai sulla terra.
Lo si vede sfrecciare sulle astronavi da safari, intabarrato in completi color cachi e seminascosto da cappelli a larghe tese e occhiali da sole.
A lui non interessa la vita di Voi, la gente che vive in salita e discesa, che beve kenya coffee al Gloria Cafè. Al mzungu da sempre importa degli animali, vuole vedere il leone, l’elefante.
Un tempo li cacciava e ne esibiva fiero i corpi morti. Oggi li protegge e, anzi, sembra dare la caccia a chi vorrebbe portarsi via la pelle del re della savana o le preziose zanne del pachiderma.
Strani questi bianchi.
Allora ti guardi intorno e cerchi l’occhiata complice di chi non ha mai cambiato idea.
L’animale può essere pericolo o fonte di sopravvivenza. A volte anche entrambe le cose.
Cerchi nelle pieghe della cittadina il senso di questo pericolo, la stretta esigenza di sopravvivere.
E’ nascosta, coperta come in questi giorni il grande cielo africano di queste parti. Velato di una tristezza in più, che offusca la luminosa ineluttabilità della storia del Continente Nero. I bracconieri hanno ucciso un aiutante del parco dello Tsavo Est e ferito gravemente una delle guardie scelte del Kenya Wildlife Service. “Sono qui, sono nascosti tra noi – assicura Dominic Wambua, Senior Warden di Tsavo Est – si spostano, vanno e vengono. Impossibile dargli la caccia in maniera costante. Il nostro nucleo investigativo lavora in collaborazione con la polizia di Voi, ma quando ne avvertiamo la presenza all’interno del parco, tocca a noi rischiare la pelle, lo scontro a fuoco”.
Gli uomini di Wambua sono stati addestrati per riconoscere il mal di denti della giraffa, per prevedere il crollo di un ponticello e preparare il guado alternativo.
Vivono nella natura e della natura selvaggia prendono le difese. Ma all’occorrenza imbracciano il fucile per difendere loro stessi e il parco dalla bestia più pericolosa di tutte. L’uomo.
“Si spostano nella notte, lasciano grosse automobili ad attenderli fuori dallo Tsavo e partono con la caccia all’elefante – spiega il boss Wambua - Sono in tanti, devono agire in fretta, prima dell’alba.
Devono trasportare zanne pesanti di là dalla riserva e caricarle sugli automezzi. Sono quasi tutti somali, o Pokoth.
Facile pensare dove si procurino le armi.
Sono quasi tutti al soldo degli asiatici che sbarcano a Nairobi in cerca d’avorio”. Se poi pensi a quel che ne faranno, oggettistica preziosa kitsch per le loro ville, ti viene ancor più il voltastomaco. Nell’ufficio di Wambua, un palazzotto rivestito di Galana in mezzo al niente dell’Africa, si respira preoccupazione ma anche abitudine a battaglie quotidiane per conservare uno dei grandi patrimoni di questo Paese. Anche per il bene del turismo. “Ci tengo a precisare – dice ancora Wambua – che per i turisti che arrivano allo Tsavo Est, non c’è alcun pericolo.
I bracconieri non hanno alcun interesse a farsi vedere o ad attaccare le persone.
Si muovono a piedi e mai di giorno, evitano le vicinanze dei campi tendati o dei lodge perché sanno che sono sorvegliati. I vostri connazionali ogni anno premiano in massa il nostro lavoro e sono sempre i benvenuti”.
Magari, se lanciassero qualche bottiglietta di plastica o fazzoletto usato in meno sotto le acacie o sulle sponde del Galana river, sarebbe meglio…

(fine prima puntata -foto di Leni Frau)