Inizia una nuova stagione per il turismo italiano in Kenya, e già c’è chi punta il dito contro Malindi, “meta di turismo sessuale”. Già, ma le cose quest’anno sono cambiate! Perché da qualche mese qualsiasi uomo in vacanza sulle rive dell’Oceano Indiano, specialmente se un po’ in là con gli anni, si sente protetto, spalleggiato, se non addirittura fiero e orgoglioso di frequentare ragazze locali.
Da quando ha saputo che un settantaquattrenne che invita a casa sua una diciassettenne e ci passa insieme la serata è un virtuoso e giammai un pedofilo (e mi sembra anche giusto…la ragazzina a diciassette anni è ben capace di intendere e di volere), che le festicciole con orgia sono in realtà “disegni sovversivi della sinistra”, cammina leggero per Lamu Road ed entra nelle discoteche che s’illuminano di musica, cocktail e sorrisi con l’aria di chi porta alto l’onore del suo Paese.
Da quando ha scoperto che un vecchio che vuole sentirsi ancora un playboy, riempie di banconote una ragazza di vita per infilarsela di nascosto nel letto di uno dei palazzi più importanti d’Italia, gli pare fin troppo onesto far entrare con una mancetta al portiere di notte la sua conquista serale nel villaggio turistico che non accetta le sconosciute.
Poi ha sentito dire che nessuno deve poter introdursi nella vita privata di un essere umano, che non ne può rovinare a suo piacere la reputazione. Andassero a quel paese quei giornalisti che cercano lo scandalo a tutti i costi! Anche qui a Malindi, con quelle inchieste che ti vengono a spiegare che il sole splende e il mare è bagnato. Da che mondo e mondo ci piacciono le donne, meglio se giovani!
“Tanto più che io ho ancora più coraggio di quel vecchio così importante” pensa tra sé e sé il turista pensionato.
“Perché io mi sono innamorato e non ho paura a dirlo!”.
Già. E’ successo tutto la prima sera che era arrivato a Malindi.
Dopo cena, attirato dal ritmo ripetitivo della musica dance, come fosse un fachiro indiano col flauto, era entrato come un discoletto nel disco-pub con una gran voglia disco-pare…ehm…di curiosare.
Si era aggirato tra il bancone e la pista da ballo ammirando quelle bellezze d’ebano da urlo che ancheggiavano, aveva anche osato qualche passo di rumba e ordinato una caipirinha.
A un tratto una splendida regina d’Africa, dallo sguardo felino di pantera e dalle forme sinuose come quelle di una gazzella, si era alzata dal suo sgabello e gli si era fatta incontro.
“Tu, bel mzungu”
“Chi, io?” si era guardato intorno, per vedere se non ci fosse un giovane aitante e ben vestito proprio dietro di lui. Con un riflesso condizionato, però, si era aggiustato il colletto della camicia alla Tony Manero.
No, la pantera guardava proprio lui, con occhi magici di conquista.
“Vuoi ballare con me?”
Si sentì trasportato indietro alla festa delle medie, quando la più bella della classe gli aveva chiesto di invitarlo per un ballo della mattonella e solo il giorno dopo aveva saputo che era stato per una scommessa con le amiche. Vinta.
Ma quale scommessa poteva essere questa? Lo scherzo di un connazionale burlone?
La trappola di un giornalista di sinistra ficcanaso?
Chissà, non aveva voglia di chiederselo.
Ballò, si strusciò, l’abbracciò. Al diavolo i disegni sovversivi.
Sarà stato il caldo, il viaggio in aereo, le milleluci del disco-pub, la caipirinha.
Era visibilmente rincoglionito.
Ma lei se lo stava mangiando con lo sguardo!
Si innamorò all’istante e benedì quelle pastiglie di viagra che gli aveva dato l’amico farmacista del Paese: “Vai in Africa, Celestino…! Fai il leone, una volta nella vita!”.
Il leone… veramente ora il cuore gli batteva come quello di un pettirosso.
Fu una notte meravigliosa, per lui.
Lei invece, mentre lo abbracciava con dolcezza e si faceva accarezzare dall’alba nascente tra le lenzuola, trovò in lui quel confidente di cui evidentemente aveva tanto bisogno, quella figura paterna che avrebbe capito i suoi problemi. E che problemi! Una sorella minore che doveva assolutamente finire gli studi per poter aiutare la famiglia col suo stipendio da segretaria d’azienda, la mamma molto malata che avrebbe dovuto emigrare a Johannesburg per farsi operare e tornare a una vita normale, il fratello arruolato nell’esercito e morto durante gli scontri dell’anno prima, lasciando tre bambini da mantenere.
Lui pianse e si sentì molto vicino alle lacrime di quel vecchio importante durante i giorni del terremoto dell’Abruzzo.
L’avrebbe aiutata, glielo promise ieratico come stesse parlando al popolo italiano.
“Amare in fondo significa questo, essere capaci di provare sentimenti di ogni tipo, dal profondo altruismo al trasporto fisico”.
Lei si ritrasse, asciugò le lacrime con il lenzuolo e, al riparo dal suo sguardo, sorrise.
Poi si voltò morbidamente e gli salì di nuovo a cavalcioni, ripetendo mentalmente e meccanicamente quella splendida parola in italiano che la sua amica Janet le aveva insegnato: “Reversibilità”.
Quando il giorno li colse, prima di un sonno ristoratore e giusto che sarebbe durato fino all’ora di pranzo, lui ebbe un lampo.
Le lanciò un’occhiata nuova, da amante irreprensibile.
Per la prima volta appariva duro e irremovibile anche a se stesso.
“Ti chiedo soltanto una cosa” disse, e la sua voce era ferma e non dava adito a ripensamenti.
“Ti prego, non chiamarmi mai, dico mai, PAPI”.
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