lunedì 21 giugno 2010
I MONDIALI DI BECCIONI 3: GASPERLIPPI, IL KRUGER E VUVUZELAS PER TUTTI!
Se è vero che il rum è rivelatore, il Matusalem promette bene fino ai 23 anni, col Gran Reserva, ed oltre non si azzarda ad andare. Etichetta Solera. Anche Matuzalem è una gran riserva oppure, come dicono a Roma, più che “solera”, è una “sola”. Come una bottiglia rotta. Il collo te lo fumi e il resto evapora. Bisogna essere malati, non soltanto alcolizzati, per spulciare le minchiate di fantamercato qui in Sudafrica.
Le prime vuvuzele in culo sono per i giornalisti, le voci, gli spifferi, le chiacchiere al rialzo dei procuratori e le chiappe al ribasso dei presidenti.
Basta! Tanto so già come va e ci sto scrivendo una canzone: “La ballata del mercato delle balle”.
Scommettiamo che il Genoa compra due o tre bestie da bassa classifica, che già Guarente sarebbe stato buono, la squadra sembra fatta, parte per l’Austria e…BUM! Il Capo regala un colpo a centrocampo sul genere di Toni in avanti. E tutti più felici, come canta Irene Grandi, una che mi svuvuzelerei, nonostante stia invecchiando di collo e di mani. E il collo qui non te lo fumi neanche. Ci sentiamo tutti Giovani, e qualcuno anche Dos Santos.
Stop alle chiacchiere di mercato! Inutile sprecare parole su parole. Che la bocca serva per mangiare e bere, per il piacere! Che i burattinai mangino pure con le mani, con i commercialisti, gli avvocati, i procuratori e i loro simili.
Io intanto, me la godo e al loro gioco non ci sto. Intercettatemi ‘sto gran cazzo, soprattutto!
In questo momento, ad esempio, sto godendo di sponda della dittatura coreana.
Devo dire grazie a quel figlio di troia a mandorla di Kim Yong II, se la cinese che sale e scende dalla mia vuvuzela, piroettando come consumata artista circense, mi ha rimesso a posto la schiena con epilogo orale. Pensa cosa si sono inventati i suoi generali: hanno pagato un centinaio di comparse di Guangzhou, tra cui la massaggiatrice bonsai, per recitare allo stadio vestite da tifosi coreani. Col cazzo che mandavano dei connazionali veri, avrebbero chiesto asilo politico. Meglio farsi violentare dai mandinghi a Soweto e vivere nelle bidonville che in una dittatura militare come quella. E i quattro giocatori che non erano in panchina contro il Brasile? La cinesina ha una sua teoria. “Non sono neanche partiti per Johannesburg. Non avevano i requisiti morali”. Mica come te, tesoro. Mi hai rigenerato come ha fatto Alessandro Pilati con Thiago Motta, mi sento guarito perché sono genoano. Altrimenti ero Guarente.
La cinese massaggia e io scruto la Grecia.
Ho sputato bile corretta amarula quando quell’imbecille di un karateka nigeriano si è fatto cacciare fuori, interpretando magistralmente davanti a milioni di persone la grande favola africana che racconta di incredibili potenzialità, di enormi aspettative e di coglionate estemporanee che in pochi secondi rovinano il faticoso percorso di secoli.
A me dell’Africa che si fa male da sola me ne frega come dei cazzi del procuratore di Criscito, invece per il Papa ci ho un debole e vederlo uscire al trentasettesimo per far posto a un attaccante, dopo che aveva già fatto assaggiare a tre negri diversi la bontà del suo bastone e meritato un’ammonizione, mi ha dato ai nervi. E me lo vogliono scambiare con una Gran Riserva Sola?
Ho spento la tv e sono ripiombato nella lombosacralità dello stalinismo di Pyongyang.
Spedisco vuvuzele in culo come cartoline e affranco con bestemmie di varia natura, spulciando tra siti internet e televisione. Papa alla Lazio, Lotito al Genoa, Mudingay, Financial Times, la recensione del concerto di Celso Duarte al Festival delle Arti di Grahamstown.
Finalmente qualcosa di eterno, d’imponente, di Vero. Nelspruit, che non è una merda energetica al cacao e ananas della Nestlè, ospita la prossima partita degli azzurri. E’giovedì e sono già qui, al Protea Hotel, un cazzo di quattro stelle vittoriano con le foto del principe Carlo che gioca a golf e si eccita guardando una proboscide. La cittadina è una commistione di brutti palazzoni e simpatiche chiesette gotiche, di stradine belghe e cascine stile Michigan. Ma piena di coloured come New Orleans. Soprattutto, Nelspruit è a un tiro di Caricola dal Kruger National Park, la savana più savana che c’è, il Taj Mahal dei safaristi, la riserva naturale più affascinante del mondo. Se pensate che qui convivono da millenni sei diversi ecosistemi e che noi in Italia abbiamo un solo sistema, che non è neanche troppo eco e fa cagare…
Ecco. Ripenso all’Italia e mi si rafforza la vuvuzela in culo come se avessi ingerito un viagra per la coscienza. E’ lunga e duratura. Partono le cartoline, controfirmate da Neil Van Schalkwyk.
Vuvuzela in culo alle partite del venerdì e del sabato, vuvuzela in culo a Kim Yong II, vuvuzela in culo al commento tecnico di chi se ne torna in altra dittatura (la sua), a chi firma sotto dettatura, Vuvuzela in culo ai negri che si fanno del male da soli perché hanno nostalgia di quando erano gli altri a inchiappettarseli, vuvuzela in culo agli intrecci di portieri, agli incroci menzogneri e a quei froci dei boeri, vuvuzela in culo preventiva a Rubinho e a chi se lo prende, vuvuzela in culo a Rehagel, a tuttomercatoweb, alle radioesternazioni, alle previsioni. Vuvuzelas in culo allo stato d’assedio taciuto di Johannesburg, all’Amarula, al Dark Sailor Rum, a Domenech, a Magellano, Vasco Da Gama e al Dottor Livingstone, vuvuzela in culo ai surfisti, ai turisti e agli opinionisti, a Platini e Pelè che invecchiano tristi, allo Waka Waka e a chi lo balla, ma non a Shakira, per dio! Per lei in vuvuzela mi ci trasformo io!
Quindi nel tardo pomeriggio scarico la comparsa cinese, vado a letto presto e mi addormento di botto sparandomi l’album “Lenti a contatto” di Sandro Giacobbe. Oh, come mi rilassa la musica genoana…specie se di merda.
Alle 4.30 sveglia e partenza. Siamo in 4 sul Land Cruiser guidato da Wesley Snipes.
C’è un giornalista di Libero vestito come Feltri quando va a funghi, la moglie di un dirigente della Fifa che se non me la faccio io ci pensa Wesley (o più probabilmente viceversa) e due tifosi australiani che sputano merda sull’allenatore zonista olandese e lo detestano a tal punto da aver rinunciato ad andare a vedere la partita contro il Ghana.
Il Kruger è una coltellata per vendetta in petto alla civiltà, o forse un infinito e radioso sguardo di compassione nei confronti del genere umano. Io al genere umano ho sempre preferito il poliziesco.
Poche parole possono raccontare questo paradiso. Vi dico solo una cosetta: per due giorni (uno e mezzo, per dire la verità) ho bevuto solo birra e ho lasciato la zoccola fifona a Wesley.
Il resto è Big Five: Bufali, Leoni, Rinoceronti, Leopardi ed Elefanti. Vederli muoversi a loro piacimento tra savana e foresta è ben altro che ammirare le evoluzioni di Iaquinta e Montolivo, a sessanta chilometri di distanza. Piuttosto, getterei nella mischia Gattuso e gli direi “e adesso ringhia a questi qui, se hai i coglioni”.
I due australiani, durante il viaggio di ritorno, con gli occhi ancora pieni di cielo a tutto tondo e la gola traboccante di natura selvaggia, vengono a sapere che l’Australia ha pareggiato con il Ghana dopo un’epica battaglia. “Bene – dicono – ora battiamo la Serbia e ci qualifichiamo. Così possiamo visitare anche la Namibia”.
Ma che, vi hanno pagato per venire in Africa proprio durante i mondiali?
“No, abbiamo vinto un concorso alla radio. La domanda era: qual è la canzone preferita di Mark Bresciano? Abbiamo telefonato…è andata bene!”
Vorrei non chiederlo, ma la curiosità è la mutanda di pizzo di una femmina accondiscendente.
Ti stimola ma prima o poi devi toglierla di mezzo.
“Qual’era la canzone?”
“Perdere l’amore di Massimo Ranieri”
“Azz…complimenti! Ma come avete fatto?”
“Mia cugina è di Palermo…è andata a chiederglielo…”
Tutto il mondo è Paese. E questa è la Nazione in cui è in corso una convention di teste di cazzo a un tiro di schioppo dal regno incontaminato di quelli che dovrebbero essere i veri padroni della terra. Lascerei volentieri ai Big Five il comando delle operazioni, in cambio di una fornitura vita natural durante di plantation rum direttamente da Trinidad e di comparse cinesi dalla Corea del Nord.
Sabato sera sono a Nelspruit. Mi dicono che l’Italia giocherà con il 442 e che Criscito è confermato, come il resto dei giocatori che hanno paraguaiato.
Decido di telefonare a zia Esterina, per raccontarle del polverone sollevato da duecento bufali e della statuarietà della giraffa.
Risponde il figlio Pierflavio. Quello che chiamare cugino sarebbe più che corretto.
“Ciao preziosiano! Come te la passi in Sudafrica? Hai sentito che ti vendono il Papa?”
Quanto mi sta sul cazzo questo. Una vuvuzela anche per lui.
“Sì, però comprano Dos Santos e Marquez. Voce per voce…”
“E Sculli poi, come si fa? Ah, già…va in panca Palacio”
Questo lo fa apposta…lui mica vuole il bene del Genoa. Con tipi come lui divento il Perry Mason di Villa Rostan.
“Preziosi a me piace perché ha i soldi. Compra, vende, parla a vanvera. E chi se ne frega, intanto siamo in serie A e se non siamo in champions non è certo colpa sua”.
“I soldi…i soldi…ma che c’entrano con la fede rossoblu?”
“Ah…non lo so…ma con la mia goduria, le troie il rum i viaggi la vodka le trasferte, i ristoranti, la coca quando ne ho voglia…con quello c’entrano eccome. Se ti va di far chiudere le fabbriche a vita come a Pomigliano…fai pure. Stai con chi non ha speranze…”
“Ma non eri tu che lodavi Scantamburlo?”
“Passami la zia, per favore”
Pierflavio mi mette sempre di malumore. E’ come se mi volesse tirare addosso tutti i mali della società. Ma il Genoa non è come Pomigliano, non lo si può far chiudere per non veder peggiorare lo stato dei tifosi.
Sono stanco e ho il passo pesante dei rinoceronti, con la vuvuzela al posto del corno.
Dormo da solo e sogno Sandro Giacobbe che confessa di essersi addormentato con un mio album.
Il pomeriggio sono alla Mbombela, imbacuccato come un siracusano nel bellunese, a fine ottobre.
E vi dovrei anche parlare della partita? Dell’epico 1-1 con i neozelandesi? Degli azzurri senza fantasia? Lippi mi ricorda sempre di più un altro allenatore. Anche lui avrebbe messo Pepe e Iaquinta nel tris d’attacco (o forse no, troppo offensivo) e lasciato gente come Di Natale in panca. Sì, mi sembrava una delle tante trasferte contro quelle che per noi dovrebbero essere squadrette (Siena, Livorno, Empoli, Chievo) e che affrontavamo senza nerbo, senza ammoniti, inventiva zero, sostituzioni tardive e risultato negativo. Per fortuna che sono venuto a Nelspruit per il Kruger.
E una vuvuzela dritta dritta, a Gasperlippi non gliela leva nessuno. Oddio, magari levargliela sì…
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