Sarà che noi italiani siamo un’altra razza.
Campanilisti, figli di comunesimo e Granducati, fieri dei dialetti e dell’identità che fa sentire un varesotto più vicino alla Cornovaglia che alle Marche, senso della Patria assente ma liti da cortile per la supremazia sui cassonetti della raccolta differenziata e ronde di quartiere ogniddove.
Saremo noi ad essere strani, e a trasformare anche altri popoli, modificando i loro usi e costumi, le abitudini sociali e quelle lavorative, ma non come gli americani, con consapevole e bonaria invadenza. Noi lo facciamo per riflesso condizionato, in maniera assolutamente involontaria.
Io non ho mai visto un poliziotto di Brescia fare carte false per essere trasferito a Porto Cervo, un finanziere umbro pagare di tasca sua tre mesi di stipendio per poter esercitare a Cortina d’Ampezzo e un giudice andare a tentare la carriera a Portofino.
Anzi, da noi succede quasi l’esatto contrario. Un posto grigio e asettico come Cologno Monzese può diventare il trampolino di lancio per un avvocato, che spiccherà il volo addirittura verso la carriera politica e, chissà, magari un giorno diventerà ministro! E così invece gli agenti prediligono paesini tranquilli del Centro Italia o della bassa padana, dove i delitti avvengono solo all’interno del focolare domestico e gli extracomunitari cattivi te li portano le ronde volontarie prima ancora che commettano il reato.
In Kenya no. Niente di tutto questo, grazie a noi figli della Lupa e anche un po’ di Annibale.
Il desiderio confessabile, il punto d’arrivo, l’anelito di ogni carica statale, toga o azzeccagarbugli keniota è trovare lavoro a Malindi. Ah, che bel posto Malindi. La sognano i cadetti di Kapsabet, i laureandi di Kisumu, i fanfaroni di Machakos. La studiano i magistrati che a Nairobi sono stati esclusi dal grande giro, i politici che escono dal giro, i manager che si guardano in giro, i vagabondi stufi di andare in giro, i boda-boda che vorrebbero partecipare al giro. Ci fanno un pensierino gli indiani a cui hanno chiuso i ponti e i pontili a Mombasa, i venditori di monili di Kinshasa, gli ex monaci di Lhasa e i casalinghi mandinghi senza casa perché al suolo gliel’hanno rasa.
Malindi, poi, con tutti quei vacanzieri italiani con i neuroni arrostiti al sole, è la bengodi per qualsiasi categoria, la rivalsa che ci si attendeva ancestralmente.
Certi agenti della polizia turistica, con le mani come mulinelli e le divise come esche in un lago artificiale pieno di trote (e relativi figli), non sanno più da che parte guardare e dove andare a pescare: fumatori tabagisti per cui l’Africa non ha locali pubblici, fumatori vegetariani per cui in Africa l’erba è pubblica, automobilisti a noleggio senza cintura di sicurezza che non spiccicano una parola d’inglese (e per fortuna che i locali non sanno valutare il buon uso della grammatica italiana…), lucrezie ingioiellate che portano a spasso il barboncino sulla spiaggia di Silversand, ometti falsomagri, falsogiovani, falsorolex e veroviagra che oltre alle bellezze locali amano farsi notare in pubblico in atteggiamenti affettuosi con la loro dama, impiegati con camicia hawayana e berrettino da baseball che pagano un cocco fresco 10 euro e poi bisticciano con un beach boy che gli chiede 200 scellini per un portachiavi col suo nome scolpito nell’ebano…Il paradiso del quiproquo, l’estasi del coltinflagrante, l’abbecedario della veniale infrazione. Che bel luogo di vacanza, anche per un poliziotto!
Per non parlare degli avvocati! Mai visto all’Equatore un terreno così fertile per cause e conflitti civili. Italians versus Italians, Italian versus Africans, Italians versus Indians or Arabs, Italian che si ubriacano di Versus, versus tutti gli altri. Ci sono anche casi di avvocati che arrivano a Malindi e costituiscono strane partnership. Lo studio legale Omanji-Obevi (noti legulei della tribù Luo arrivati dal Lago Vittoria) si è sciolto per dare vita a due uffici distinti: Lo studio Omanji e l’avvocato Obevi. Così quando uno dei due prende sotto la sua ala protettrice un italiano in causa con un connazionale, come per incanto l’altro italiano finisce tra le grinfie del socio. Stranamente in questo caso i procedimenti durano anni e anni, con esborsi notevoli ma senza mai una fine. A volte, stremati, i due contendenti si ritrovano dopo un decennio e decidono di rinunciare alle antiche liti e di mettersi d’accordo, scoprendo anche moltissimi interessi comuni e in rari casi anche un’omosessualità latente che li porta a fidanzarsi. Sul terreno conteso e gestito da Omanji Obevi, sorgerà la capanna dei due cuori spennati. A Homa Bay, sul Lago Vittoria, sorgerà una palazzina a sei piani con supermercato, bar e ristorante a pian terreno, di proprietà del duo legale malindino…
Vogliamo dire dei dirigenti della società elettrica e dell’acqua? Chi viene a Malindi è tutta gente colta, dei veri intellettuali, studiosi indefessi: sì, perché sono talmente appassionati di letture che pur di leggere e leggere qualsiasi cosa, arrivano a leggerti il contatore anche tutti i giorni, modificandone il senso e aumentando il prezzo. Alla fine questi raffinati lettori si trasformeranno in protagonisti di un romanzo! Anche loro finiranno infatti su un libro: il tuo libro paga!
E che pensare dei giudici che hanno sotto le mani veri rompicapo intricatissimi, più di un teleromanzo della KBC. Come il famoso caso del mzungu che ha riconosciuto come suoi i due figli dalla donna, ex commessa di Meru (ma quanti negozi ci sono a Meru…quasi come le università di Nairobi…) che sta con lui da cinque anni, che poi trova a letto con uno di Pinerolo e allora le fa il DNA e scopre che i bambini sono uno mezzo tedesco e l’altro tutto di Watamu. Però adesso vuole tenersi i bimbi perché si è affezionato e quindi sottrarli alla madre che da parte sua chiede una buonuscita milionaria e nel frattempo ha venduto la casa che il mzungu le ha intestato a quello di Pinerolo, che comunque ha ritenuto giusto rintestarla a lei…
Che teste…e che gran mal di testa per il giudice…a Malindi buoni affari anche per la ditta produttrice del Panadol. Alcuni magistrati dopo un po’ si mettono in malattia: è tragico quando non riesci più a capire a chi conviene chiedere soldi. C’è da impazzire!
E i commercialisti che aprono società che poi per chiudere non basta nemmeno la morte di entrambi i director? E gli intermediari…questa sì che è una splendida realtà malindina. Recentemente e segretamente c’è stato il primo congresso a Majengo degli intermediari degli italiani. Una varia umanità che nemmeno a Eurodisney o nel Parlamento italiano. Dallo yemenita unto di samosa al pescatore di Mambrui, ex galeotti neo testimoni di Geova e malaya convertite dal parrucchiere, tassisti senz’arte né parte, questuanti senz’arti, dee-jay senza party. Vieni a Malindi e sai a chi affidarti. Trionfo dell’anarchia, esaltazione della libertà, nuovo “kenian dream”.
Ecco cos’è Malindi, un luogo splendido in cui si vive di occasioni.
E le occasioni, si sa, per metà fanno gli uomini quel che sono, e per l’altra metà quello che non sapevano di essere.
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