martedì 16 dicembre 2008

RECENSIONE: MALASPINA - IN CAMERA

Non ci stupiremmo affatto se ci trovassimo tra qualche anno a rileggere la recensione del primo Ep dei Malaspina (oggi diventati “In Camera”), ricordando gli esordi di un gruppo ormai affermato.
“Gli innumerevoli percorsi” è aria nuova nella musica italiana, diretta, semplice e senza la presunzione o l’obbligo di dover seguire le tendenze del british-pop o dell’underground americano.
Si parte con il pezzo forte della band fiorentina, il potenziale singolo che soltanto l’ottusità dell’estabilishment discografico nazionale potrebbe ignorare o, peggio, sporcare oltremodo di “tendenza”, spinto da criteri radiofonici o marchette festivaliere.
“Minnamoro” è un brano talmente solare e orecchiabile che quasi fa dimenticare la dicotomia pop-rock (sarà più commerciale o più alternativo? oggigiorno tutte “menate” di chi non è più capace di ascoltare una canzone che non ha altre pretese se non quella di essere il più possibile sé stessa).
La versatile e fluida voce del frontman Vanni Torrigiani naviga su un ritmo piacevole (forse ancora un po’ sedutino) e si apre insieme al riff che rivela la natura seventies del concreto chitarrista Tommaso Damianou. Ricordano i Timoria di Francesco Renga e Omar Pedrini, mentre il solare ritornello trasporta negli anni Ottanta dei Denovo del primo Mario Venuti. Venticinque anni dopo l’apice creativo della scena fiorentina (Diaframma, Litfiba di “Desaparecido” e “17 Re”) non c’è nostalgia né troppa voglia di scimmiottare i gruppi del momento (antidoti musicali che non durano molto, direbbe Torrigiani), semmai si citano indirettamente i grandi (il “she makes me wonder” finale di “Occhi bagnati” ricorda i Led Zeppelin…). Anche il testo in “Minnamoro” segue la positività musicale, semplice e diretto, con belle visioni (i “colori amari”) da filastrocca confezionata per essere cantata in coro col pubblico. Più introspettiva la title-track, in cui il complesso strizza l’occhio a certo post-punk o new-glitter britannico (Pulp, Muse) ma con garbo e aperture mediterranee nel ritornello. Sempre l’amore in primo piano, ma mai in maniera banale, nei testi.
L’altro gioiellino dell’Ep è “Occhi bagnati”, il cui incipit sorprende. Ci si aspetta di entrare nel monastero bretone in cui i CSI si rinchiusero per registrare “Ko de mondo”, invece piano piano ci si ritrova nell’universo Malaspina, quasi una lezione all’autoreferenziato sottobosco rock italiano e alla (troppa) autostima di (troppo) celebrate band come Marlene Kuntz e Afterhours.
Il marchio di fabbrica del gruppo toscano (come evidenziato da “Avanti ora”, traccia finale del cd sulle fughe dell’anima) è una visione chiara della forma-canzone, ben suonata e mai preoccupata di essere etichettata e rinchiusa in un genere.
Perché i percorsi sono innumerevoli e la meta è solo una: fare musica (quindi arte), divertirsi e divertire.
In tutto questo che potete chiamare pop-rock, la netta e interessante voce di Torrigiani (un Renga con meno estensione ma anche meno fronzoli e più fantasia), i break elettrici del chitarrista e l’affiatamento di basso (claytoniano) e batteria che potrebbero pompare e spingere di più. Avanti, ora!

Alfredo del Curatolo

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