martedì 3 marzo 2009
RECENSIONE: CESARIA EVORA "VOZ DE AMOR"
La diva scalza cammina per la sua strada. I tempi cambiano, l’elettronica invade la musica, la globalizzazione impone mescolanze di generi, collaborazioni improbabili, duetti virtuali. Cesaria Evora resta a piedi nudi, rifiuta di indossare qualsiasi suola del compromesso, che gli faccia perdere aderenza con la sua terra, l’arcipelago di Capo Verde.
Ci avevano provato, a fare della poco appariscente e non più giovane Cesaria una stella di prima grandezza: nel precedente album “Sao Vicente de longe” l’avevano convinta a farsi scrivere una canzone da Pedro Guerra, a cantarne una in portoghese con Caetano Veloso, a farsi accompagnare dalla chitarrista e cantautrice americana Bonnie Raitt. I discografici europei e americani hanno fiutato nella regina della Morna, una nuova operazione Buena Vista: Capo Verde in tutto il mondo, d’altronde il suo capolavoro, “Cafè atlantico” ha venduto ovunque. Hanno anche provato a fare di peggio, remigando alcuni suoi brani in una raccapricciante versione etno-techno, per lanciare la Coladera, il ballo tipico delle isole al largo della Nigeria, in discoteca.
Ma l’antidiva è rimasta a piedi scalzi e ha deciso di proseguire la sua avventura musicale con la Lusafrica, utilizzando le multinazionali (Bmg, in questo caso), soltanto per distribuire i suoi album. Così torna sul mercato con un intenso e quanto mai classico disco dal titolo “Voz d’amor”. Torna alle atmosfere di casa sua, quelle di “Cafè atlantico”, alla malinconia soffusa e lontana delle sue povere isole, al vento a raffiche di chitarre acustiche, alle onde cristalline di pianoforte e ai canti degli uccelli di violino e fisarmonica. L’attacco, “Isolada” è già una meraviglia, pronto a diventare uno dei suoi cavalli di battaglia. Già, perché la forza di Cesaria Evora non è soltanto nella voce espressiva, pulita e sofferta, ma nel fatto che ancora oggi, nonostante la ricchezza sopraggiunta in tarda età, preferisca passare buona parte dell’anno nel suo arcipelago e precisamente nell’isola di Mindelo. In questo modo frequenta compositori e musicisti che hanno da proporle morne nuove e canzoni che in mano a lei profumano intensamente di meraviglia. Così accade quando comincia ad incalzare la danza, in “Monte Cara” e in “Amdjer de nos terra” in cui il sassofono prende il sopravvento, ma la fisarmonica gestisce anche e caviglie tropicali. “Voz d’amor” è un disco suonato magistralmente e tecnicamente perfetto che stupisce per la passione con cui Cesaria interpreta canzoni che a primo ascolto potrebbero sembrare copie di altre del passato, ma la morna è come il blues, vive di intensità e di particolari, il dialogo tra chitarra e violino in “Ramboia”, l’incantesimo di “Milca ti lidia” e l’inafferrabile atmosfera di “Nha curacao tchora” lo confermano. “Voz d’amor” è l’ennesimo bel viaggio a piedi scalzi nella musica di una regina. E quando si è arrivati viene subito voglia di ripartire, magari riascoltando “Cafè atlantico”.
Alfredo del Curatolo
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