C’è una frase che non dimenticherò mai e che ha dato un senso a molte mie scelte di vita.
Quando l’ascoltai per la prima volta, all’ombra di un mango gigantesco che proteggeva dal caldo equatoriale, mi suonò a guisa di una sentenza, come un precetto che attendeva soltanto la mia saggia accettazione.
“E’ troppo facile scappare quando le cose vanno male”.
Il Capitano mi porse quella frase come fosse un vassoio di ostriche fresche o una bevanda al tamarindo. Gli era uscita con la naturale dolcezza di uno dei tanti frutti meravigliosi della terra in cui mi trovavo per la prima volta, il Kenya.
Il Capitano aveva lasciato la carriera in Marina per approdare in riva all’oceano indiano. Una scelta di vita, aveva aperto una gelateria a Malindi. A quei tempi a Malindi si formava una comunità di italiani che per motivi disparati avevano deciso di cambiare esistenza e abitudini, per non dire identità.
Non era il mio caso. Avevo diciannove anni e mi ero preso il cosiddetto “anno sabbatico”.
In effetti covavo grandi progetti, in vista del mio ritorno in Italia: l’università, il praticantato giornalistico, suonare in giro con una rock band…la vita mi attendeva, il mondo occidentale con le sue lusinghe e solide certezze era la mia bibbia.
Eppure l’Africa mi stregò.
Frugò nella mia anima cercando gli anfratti più puri, riconoscendo la mia voglia di libertà, di avventura e di sensazioni inedite. Portò il mio sguardo all’altezza sconveniente ma reale dell’umana miseria e il mio anno sabbatico, senza quasi che me ne accorgessi… diventarono sette.
“E’ troppo facile scappare quando le cose vanno male”.
Infatti dopo sette stagioni ero un africano fatto e finito. Parlavo il kiswahili, vivevo di turismo gestendo un ristorantino a Malindi ma ero integrato a meraviglia con la popolazione locale. Non si diventa milionari in Africa, se la si ama. Ma ci si sente immensamente ricchi dentro.
Chissà, forse per l’innato bisogno di divulgare che ha lo scrittore, forse per dimostrare a me stesso che anche i progetti di un tempo, se trasformati in sogni e liberati dal peso di obblighi, promesse, aspettative dei genitori, facevano parte dei desideri da avverare, decisi che era ora di tornare.
La voce del Capitano, come un biglietto di viaggio, era valida anche per il percorso inverso.
Così ecco un africano a Milano. Con i suoi ritmi lenti, la sua filosofia agli antipodi rispetto ai valori della maggior parte delle personee alle soglie del Terzo Millennio. Eccolo che non riesce ad attraversare la strada prima che il semaforo diventi rosso, che s’incanta ad osservare individui grigi che corrono, si lamentano, si fanno la guerra. Tutta gente che vorrebbe scappare perché le cose vanno male.
Io invece ho qualcosa da fare…devo proseguire la mia carriera da giornalista, devo pubblicare libri, voglio rimettere in piedi una rock band. Anche se il mal d’Africa è aritmia nel cuore, raschia in gola come le sigarette che ho ripreso a fumare, colora i miei sogni notturni.
Resisto perché ho un obiettivo. E appena posso, mi faccio una vacanza in Kenya.
E’ il 1998. Dopo qualche anno supero l’esame di stato a Roma e divento giornalista professionista. Lavoro in una redazione sul lago di Como. Pubblico saggi e libri musicali. Il primo, il più vissuto, è su Rino Gaetano. Lui aveva scritto “Metà Africa, Metà Europa” in cui cantava “Africa, ma per te che lavori e non ridi / per chi come te più non gioca / questa terra è ancora Europa”.
Nel 2004 esce il mio album d’esordio “Nel regno degli animali” con cui vinco alcuni premi e arrivo in finale al Festival di Mantova e tra le migliori opere prime al Premio Tenco di Sanremo.
Una carriera da scrittore lanciata, un lavoro sicuro da redattore, la soddisfazione del percorso parallelo da cantautore con un secondo album in gestazione. Un grande amore lacustre e una passione per Genova e il mare di Liguria.
Va tutto bene.
E’ il momento.
Nel luglio del 2005, con la compagna Miky, lascio il lavoro, sciolgo la band, deludo il produttore discografico, prometto di rispettare a distanza i contratti editoriali, e parto.
Mi aspetta un altro ristorantino in riva all’oceano. Ad attendermi è soprattutto l’Africa.
Forse è l’ennesima sfida, forse il senso della mia vita. Ma non è solo questo.
Cosa mi ha spinto a tornare a Malindi?
Come scrivo nel libro dedicato al Mal d’Africa:
Immaginate un luogo in cui il cielo non vi sovrasta, vi attraversa, l’aria non si respira, si assapora. Il tempo scorre, non corre e il sistema nervoso si sistema, non si innervosisce. Un luogo in cui la gente non vi incrocia, vi saluta. Dove tutto è vero, anche le cose spiacevoli, perché tutto è vita! …
… Mal d’Africa è emozionarsi davanti a un tramonto breve sapendo che il giorno dopo, comunque andrà, ce ne sarà uno apparentemente identico ma dalle sfumature inedite. Imparare che non è vero che se non si desidera tutto non si otterrà nulla, che accontentarsi non è sempre una sconfitta e che vivere alla giornata è un buon metodo per aggiornare l’esistenza. Capire la propria diversità e accettare quella degli altri, in un luogo dove nemmeno quel visionario di Gesù avrebbe potuto affermare che gli uomini sono tutti uguali. Mal d’Africa è vivere in sintonia con le fasi lunari, con i fusi locali, in serenità con il ciclo vitale e in equilibrio su un ciclo cinese.
Mal d’Africa è capire di non essere capiti e farsene una ragione, è annoiare la noia, impigrire
la pigrizia, rincoglionire l’intelligenza e assoggettarla ai propri ritmi, imprigionare il pensiero e liberarlo con una cauzione eterna che sarà il cuore a pagare, in comode rate stagionali.
Mal d’Africa è un silenzio pagano, un ruggito religioso, uno stato d’arimo.
Il Mal d’Africa, se è quello vero, è un bene incurabile!
Lo scorso gennaio, Michela ha dato alla luce Agata Zena, la nostra primogenita.
Io continuo a pubblicare libri e dal ristorantino sono tornato al mio lavoro. Sono Ufficio Stampa per l’Associazione Turistica di Malindi e Watamu e gestisco un portale di news e informazioni per chi vuole scoprire l’Africa in vacanza e per chi sogna di lasciare tutto e trasferirsi a Malindi.
A patto, però, che le cose non vadano male…
(scritto per www.voglioviverecosi.com
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