Scaricare non costa nulla, ma il tempo è denaro. Dopo questa equazione
decido di scaricare nel sonno l'ultimo album di Lenny Kravitz, "Black and
white america". Che quando sono buoni li vado a comperare lo
sapete, ma lui mi ha già fregato un paio di volte, in passato. Eccoci: se
il titolo è promettente e la copertina (scaricata anch'essa) mostra
Lennino da bimbo a una manifestazione per i diritti dei negri ricchi ed ebrei
con tanto di simbolo della pace disegnato in faccia, dopo l'ascolto della
title-track esclamo: "Epperò" e ci aggiungo montagne di cazzi
esclamativi. Allora l'America in bianco e nero è proprio quella che speravo di
riascoltare...quella del grande Gil Scott Heron, della black music anni
Settanta, tardo motown per intenderci. Chiaro, Lenny ripropone, rubacchia,
clona. Ma nei primi due album, ispirati al rock settanta un po' psichedelico
analogico lo aveva fatto bene, insomma ci eravamo cascati in tanti...poi via
via si era infighettato e aveva seguito la corrente del golfo, quella piena di
petrolio merdoso. Niente da fare, pure se sei ricco di famiglia, il successo ti
fotte. Poi quando ti trombi Nicole Kidman (dopo Vanessa Paradis...) si sarebbe
liquefatto pure Peter Gabriel. Ma stavolta, a vent'anni di distanza...dai che
Lenny è tornato quel buongustaio che ti ripropone la ricetta vincente, senza
usare la panna né il burro (sodomizzante, s'intende).
Allora il primo pezzo dicevamo, viaggia...tappetone black con fiati e il synth che non stona, anzi ricorda proprio gli sperimentatori alla Gil. Passo al secondo, e l'atmosfera si fa rock ma ancora piacevole. Ed ecco che già con "In the black" s'intrasente la presa per il culo...via via che trascorrono le tracce ecco che torna il Kravitz di sempre, quel simpatico quarantasettenne rincoglionito che però mortacci sua sa suonare. E ti frega, perchè Liquid Jesus si fa ascoltare, "Looking back in love" la metti nel piatto (come si diceva una volta, ma anche come si rifanno le ricette burrose oggi) e viaggia notturna come un solstizio. Però ti sei dovuto sciroppare una melensa e inutile "Superlove" e la marchettona con Jay Z e un altro rapper della minchia. Per non parlare di "Faith of a child" in cui il grande imita se stesso che imitava marving gaye quando era triste triste e non ci aveva grandi idee.
Eccolo lì, insomma, il solito marpione di "It ain't over". Dice che la musica deve essere emozione, trasporto, che non ci devi pensare troppo sopra. O ti piace o ti fa cagare. Son passati vent'anni e non ho ancora capito se Lenny Kravitz mi piace o mi fa cagare, e se l'emozione mi trasporta al cesso o altrove. Intanto mi ha gabbato alla buona. Per fortuna lo scarico è scarico. Il computer lo sa, e il wc pure.
Allora il primo pezzo dicevamo, viaggia...tappetone black con fiati e il synth che non stona, anzi ricorda proprio gli sperimentatori alla Gil. Passo al secondo, e l'atmosfera si fa rock ma ancora piacevole. Ed ecco che già con "In the black" s'intrasente la presa per il culo...via via che trascorrono le tracce ecco che torna il Kravitz di sempre, quel simpatico quarantasettenne rincoglionito che però mortacci sua sa suonare. E ti frega, perchè Liquid Jesus si fa ascoltare, "Looking back in love" la metti nel piatto (come si diceva una volta, ma anche come si rifanno le ricette burrose oggi) e viaggia notturna come un solstizio. Però ti sei dovuto sciroppare una melensa e inutile "Superlove" e la marchettona con Jay Z e un altro rapper della minchia. Per non parlare di "Faith of a child" in cui il grande imita se stesso che imitava marving gaye quando era triste triste e non ci aveva grandi idee.
Eccolo lì, insomma, il solito marpione di "It ain't over". Dice che la musica deve essere emozione, trasporto, che non ci devi pensare troppo sopra. O ti piace o ti fa cagare. Son passati vent'anni e non ho ancora capito se Lenny Kravitz mi piace o mi fa cagare, e se l'emozione mi trasporta al cesso o altrove. Intanto mi ha gabbato alla buona. Per fortuna lo scarico è scarico. Il computer lo sa, e il wc pure.
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