lunedì 8 febbraio 2010

IL BARBIERE (ROSSOBLU) DI MALINDI


Chissà quanti altri mestieri potrebbe svolgere Charo, sempre dignitosamente e in maniera un po’ disincantata com’è lui, se solo ne avesse il tempo e la possibilità.
Lo conosco dal 2005, quando si presentò all’Oasi, lo “stabilimento balneare” che avevo preso in gestione con mia moglie a Malindi. “Ho già lavorato qui l’anno scorso, conosco l’ambiente e anche tanti clienti che vengono qui ogni anno” mi disse, per convincermi. “Però ho fatto anche l’idraulico, come mio fratello, il muratore e il giardiniere”.
Come agli altri che arrivavano, millantando carriere più o meno fasulle, referenze anche argomentate, raccomandazioni di fantomatici italiani che avrei dovuto conoscere o professionalità nel loro ambito, gli misi subito una vanga in mano. Prima di aprire il bar ristorante con i lettini sulla spiaggia più selvaggia di Malindi, c’era da spianare lo spazio compreso tra la veranda e gli ombrelloni, venti metri di sabbia dorata ora ammucchiata in altissime dune, portate dai monsoni di giugno e luglio.
Senza fare obiezioni o smorfie strane, Charo cominciò a spalare. Cosa che non fece il presunto chef Kalama, che lasciai a casa dopo due giorni, o il “beach attendant” Harrison, che trovai a dormire all’ombra di una palma, trasudante brandy trafugato nel magazzino del bar.
In poco tempo, e per tutta la stagione, Charo era diventato capocameriere, con il suo bello stipendio di 80 euro al mese. Una pacchia, rispetto a tanti coetanei.
Effettivamente molti clienti dell’anno prima lo cercavano e lui, con furbizia e mestiere, se li coccolava con qualche parola d’italiano imparata sui libri che esaminava nell’ora di pausa, o con particolari attenzioni: “i gamberoni poco cotti come sempre, vero? L’anno scorso, bwana, mi chiedeva sempre l’avocado, quest’anno abbiamo in menu un’insalatina col granchio e l’avocado…vuole assaggiarla?”.
Insomma, Charo ci sa fare. Per questo, terminata l’avventura all’Oasi, insieme a pochi altri dipendenti dei trenta che avevo in quel piccolo paradiso di cui non mi hanno rinnovato l’affitto, l’ho portato con me nel piccolo wine bar che ho aperto a due passi dal Casino. Un’altra stagione positiva, ma un'altra chiusura inaspettata. Sembra proprio destino che in Africa non si possa programmare nulla a lunga scadenza. Così Charo ha trovato lavoro in un elegante campo tendato in mezzo alla savana dell’Amboseli, a cinquecento chilometri dalla costa.
Due mesi di lavoro serrato e poi una settimana di ferie per tornare al villaggio dai parenti. Stipendio ottimo e possibilità di far fruttare la sua esperienza in ristoranti italiani. Anche lì, in poco tempo è capocameriere. E lo stipendio cresce, ora solo 120 euro al mese, abbastanza per pensare al matrimonio.
Quando due anni fa, nel pieno della crisi seguita alle violenze post-elettorali a nord del Paese, non avevo lavoro da offrirgli. “Sto aprendo un’agenzia d’informazione e un portale internet, Charo. Al massimo avrò bisogno di un ragazzo di bottega da iniziare al mestiere di giornalista”.
“Faccio io il giornalista!” mi risponde con entusiasmo.
“Ma se non hai fatto nemmeno le superiori…”
“Solo i primi due anni, poi ho lasciato per mancanza di soldi…però ero il migliore della classe a scrivere, e mi piace leggere. Quando posso, sfoglio un libro e vado nei luoghi pubblici dove si riesce a scroccare la lettura del giornale”.
Ci rifletto sopra qualche giorno. Poi, come quando gli misi in mano la vanga, lo porto a casa.
“Intanto che si concretizza il lavoro dell’agenzia, c’è da imbiancare tutta la villetta. Prima i muri esterni, poi il pavimento e tutto il resto”.
Senza battere ciglio, Charo si mette al lavoro e in poco meno di un mese la casa è come nuova.
Un lavoro da professionista, senza sbavature.
Charo è pronto per fare il giornalista. Il mio regalo supplementare sono i soldi per sposarsi.
Sono passati quasi due anni, e oggi Charo partecipa a conferenze stampa con il prefetto e parlamentari kenioti, si è fatto amico il vicecommissario della polizia che gli passa le informazioni, gioca duro con i colleghi delle radio e dei quotidiani per farsi scucire notizie e rivelarne qualcuna in cambio…insomma, conosce già i segreti del mestiere. E’ fedele alla regola delle cinque W che bisogna inserire in un articolo (who, what, when, where e why) e tenendola sempre presente inizia anche a scrivere articoli accettabili, che spesso devo soltanto tradurre in italiano.
Per il Paese in cui viviamo, è un cronista fatto e finito.
Non solo, è coinvolto attivamente nei miei progetti di solidarietà, è nel comitato esecutivo della scuola calcio del Genoa a Gede, ed è stato lui a fare lezione ai ragazzi della scuola elementare di Mida a cui abbiamo raccontato la favola dei calciatori della squadra più antica d’Italia che si allenano in savana per imparare dagli animali come essere più agili, furbi, veloci e forti.
Dopo queste lezioni, i bambini hanno fatto dei disegni che ho consegnato ai calciatori del Grifone. Alcuni davvero sorprendenti.
Charo mi ha chiesto più volte della mia passione per la solidarietà (con la Onlus Karibuni, a parte il progetto della scuola calcio, abbiamo aperto anche tante botteghe artigiane, costruito pronto soccorso, scuole, reparti ospedalieri) e di quella per il Genoa, e ho provato a spiegargli che le due cose, spesso, camminano sulle stesse piste. Conosce le storie di Nonno Kazungu e sa che vorrei aprire il Safari Bar a Kakoneni, così come sogno che la scuola calcio possa salvare tanti ragazzini dalla strada e da una vita precaria.
Storie uguali a quelle dei miei libri.
"Io sono con te, bwana".
Idraulico, muratore, giardiniere, imbianchino, cameriere, giornalista e insegnante.
Charo all’occorrenza può fare di tutto.
Proprio per questo si vorrebbe mettere alla prova con un nuovo mestiere.
Ho capito cosa mi piace in Charo. In qualcosa mi somiglia, o forse ha assorbito la mia filosofia.
Allora abbiamo deciso che apriremo un’attività insieme.
“Nel quartiere in cui vivo manca un barbiere – assicura – qui il parrucchiere per uomo è un mestiere facile, non servono forbici o pettini. Basta un rasoio elettrico, uno specchio, una sedia e una scopa. Più ovviamente la baracca sulla strada per poter esercitare”.
Quantifichiamo. Sono circa 100 euro, più 12 al mese per l’affitto della baracca e qualcosa per dipingerla e renderla accogliente.
“Ci metterò un “ragazzo di bottega” – mi dice ridacchiando – proprio come hai fatto tu con me. Così diventerò un piccolo imprenditore!”
Bastano cento euro per un sogno…e basta vedere la fotografia per capire che i sogni, anche in Africa, possono avere i colori più belli del mondo.
Charo e il suo socio Freddie hanno deciso che, nel nome del Grifone e della piccola e media impresa (ma quella vera, mica quella di Confindustria, sindacati e ministri del Welfare), il Genoa Barbers Shop diventerà un franchising. Stiamo già andando in giro a cercare zone in cui ne possiamo aprire altri, con altri “ragazzi di bottega” a cui poter dare uno stipendio. Chissà, magari anche lui, un giorno, avrà voglia di inventarsi qualche altro mestiere, crederci, crescere e aiutare altri fratelli...

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