lunedì 12 aprile 2010

IL CATENACCIO ALL'ITALIANA DI UNA SQUADRA STRANIERA (da grifoni.org)



A spiegarglielo a questa società che molto spesso il campionato del Genoa è un campionato falsato. Siamo l’unica squadra a dover giocare due volte all'anno, in campionato, contro un team straniero. Il Grifone non è avvezzo all’Europa, l’ha frequentata solo due volte in vent’anni e anche questa sera ha fatto difficoltà a capire che non valeva il rotondo risultato dell’andata.

Quel 3-0 che nell’ottica del doppio confronto ci metteva probabilmente al riparo dalla qualificazione, facendo una partita spigolosa di contenimento. E in quest’ottica siamo scesi in campo e abbiamo interpretato la gara fino all’unico gol subito, e regalato dal solito Scarpi, uno che in Europa ha già dimostrato la sua esperienza e il suo valore contro il più titolato Valencia. Un suo errore di valutazione, di posizione, di tempo e di grammatica ha dato la possibilità a Moretti di dimostrare che dopo sette mesi di saggia impostazione tattica di Gasperini non è più né un terzino di fascia né tantomeno un centrale difensivo.
Gli stranieri, modesta e arcigna squadra polacca che come un Treviso dei bei tempi cerca di dare il massimo nella prima mezzora per poi scomparire dietro la linea della palla, invece sapevano che il risultato dell’andata non contava, e sembra ne fosse al corrente anche l’arbitro Tagliavento.
I nostri, orchestrati dall’imberbe Milanetto, uno dei ragazzini buttati nella mischia dal mago Gaspar, specialista nel lanciare i giovani, che si trovava di fronte l’anziano Poli, hanno preso le redini dell’incontro e non le hanno più lasciate, convinti che comunque un pareggio sarebbe stato un risultato di prestigio. Così l’invenzione iniziale del 55, con Palladino e Palacio talmente larghi da far rimpiangere Giuliano Ferrara su La7, si è trasformata in qualcosa che, pur senza centravanti, ha prodotto scampoli di gioco (non bello, ma migliore di quello degli stranieri) mostrando che l’unico very original puntero che abbiamo si chiama Giandomenico che ora scolpisce di pettine e ora lavora di vanga. Il secondo tempo ha dimostrato a molti di noi che se la delegazione accettata nel campionato italiano per riscrivere in maniera bizzarra la storia del calcio dell’immediato dopoguerra, qualora dovesse andare in Champions League, testimonierà il ritorno a un calcio molto italiano, pratico e senza fronzoli, ma non chiamatelo catenaccio, per carità, perché la CISA, la CORBIN e la ORIV potrebbero farvi causa, e Ponte Milvio salterebbe in aria all’istante.
Certe squadre che hanno complessi d’inferiorità grossi come i coglioni di Papasthatopulos, ci marciano sopra tranquillamente per sessanta minuti, e altre ci hanno vinto anche campionati mondiali. Se poi gli regali venticinque minuti, un centravanti, un saltimbanco fuori forma all’ala sinistra e gente che si pesta i piedi come norvegesi in un salsodromo, ecco che viene fuori un bell’uno a zero con cui non si passa a un livello superiore, ma si attenua per una sera il dolore di cinquantaquattro anni da ospite.

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