giovedì 4 marzo 2010

L’INTER E IL GRATTACIELO: UN SOGNO LUNGO UN ANNO


Me l’avevano un po’ rovinata quella festa della donna 2009. Lui, il lungagnone di passaporto svedese con le sue cazzo di mosse di kung-fu, e l’arbitro Emidio Morganti da Ascoli. Già mi erano girate di non poter essere allo stadio, al presunto 2-0, pallone respinto mezzo dentro e mezzo fuori da Marchino, avevo avuto una crisi da sconforto, sprofondando sul mio divano, mezzo addormentato dentro e mezzo fuori.
Per fortuna al fischio finale c’era la notte brava e bella ad attendermi. Una telefonata inattesa.
Le ragazze mi aspettavano in un locale molto trendy ad Albaro. Avevano iniziato la festa senza noi maschietti, come si conviene quando nell’aria c’è odore di mimose e libertà convenzionale, ma ora ne volevano…eccome se ne volevano!
La sorpresa non fu però trovare Gaia, Agnese e Federica, nel privè, e nemmeno la spider di Raffaele e il Suv di Bosko nel parcheggio. Dentro, nel privè, seminascosti da un grosso lampadario bluastro, c’erano Branca e Fabrizio. che parlavano fitto fitto, affiancati soltanto da due flute di bollicine.
La solita mancia a Gianfranco, il mezzo maitre (lui solo mezzo fuori, di coca…), e non fu difficile scoprire il motivo di tanto chiacchierare. Il dinamico paraculo in smoking bianco aveva già origliato abbastanza.
“Stanno parlando della cessione di Thiago Motta e Milito”.
Era nell’aria. Soprattutto per El Principe. Certe dichiarazioni del Pres. erano suonate come una sentenza. Degnai Gaia di un casto bacetto sulla guancia e sferzai un’asciutta pacca sul sedere a Federica, e uscii a fumarmi una sigaretta.
Composi il numero di Diego.
Buffo, non ricordavo nemmeno di averlo.
“Ciao principe, sono Fred…sì, io Fred Lupente…ero qui con Branca e Fabrizio…cosa pensi di fare?”
“Io vorrei restare qui, amico…ma come si fa…”
“E la stella? Avevi promesso…”
“I sogni fanno vivere meglio, Fred. Ma prima o poi ci si sveglia sempre”
“Tu sei il nostro sogno…e puoi decidere se svegliarci o lasciarci in questo magico limbo ancora un po’…”
“Limbo? Lo so…lo so…ho capito…ma ho 29 anni, per un calciatore vuol dire l’ultima chance…”
“E’ solo una questione di soldi? O pensi anche alla nazionale, ai mondiali, al pallone d’oro…”
“I mondiali posso conquistarli anche nel Genoa”
“Quindi è solo una questione di soldi…ti fidi di me?”
“Tirerò per le lunghe…ma non oltre Pasqua…”
La mattina dopo mi svegliai alla buonora e iniziai le consultazioni. Aziende, fornitori, politici anche privati. Tralasciai De Girolamo e un certo Anemone…il mio fiuto mi diceva che non era cosa. La proposta, però, allettava. Chiaro, la carta di scambio era il raggiungimento della Champions.
Visibilità europea, scambi di favori, spostamenti di poltrone. Tutto a posto, al massimo avrei rilanciato candidandomi alle prossime regionali…
Nell’immediato, però, serviva anche Thiago Motta. Per quello, avrei dovuto parlare con il Pres.
E per parlare con il Pres, dovevo prenotare una cena al Muntaha, in sala privata.
E portare a Dubai un’amica comune.
L’amica comune fece il suo ottimo lavoro come da copione, e il Pres. accolse l’invito di buon grado. Al ventisettesimo piano del Burj Al Arab, di fronte a un panorama infinito di luci e mare, tra un parfait di pere allo zacapa con paté de fois gras e un astice imperiale, fu tutto più facile.
“Chiaramente è tutto vincolato alla qualificazione in Champions League”
“E se non ce la facessimo…gli arbitri… Della Valle…”
“Magari non sarà un affarone come quello con l’Inter, ma riuscirete a venderli lo stesso…e poi Mourinho li vuole a tutti i costi. Qua ci sono le garanzie per eventuali ammanchi…Ma mi raccomando, non dica loro e non faccia capire alla stampa che è tutto vincolato alla champions…altrimenti…”
“Mi ha preso per fesso?”
“Ci mancherebbe…un imprenditore che si è fatto da sé come lei…ogni tanto, se posso permettermi, solo un po’ chiacchierone”.
“Aspetti un paio di giorni e vedrà, il chiacchierone!”
Una sonora risata della nostra amica comune e una bottiglie di Chateau Lafite Rotschild Pauillac del 1996, chiusero la questione.
La scommessa era stata giocata, le fondamenta su cui costruire il sogno erano state posate.
Ora bisognava attendere giugno, per capire se sarebbe stato il più grosso buco “edilizio” della mia vita o se si poteva continuare a sognare. Il grattacielo della Stella…sì!
Due giorni dopo, con puntualità incoraggiante, arrivò la prima dichiarazione del Pres. a Radio Kiss Kiss, ripresa da tutti i quotidiani sportivi.
“Milito rimane anche se non si va in Champions!”
Voci di corridoio parlavano di un nuovo contratto di tre anni a 2 milioni e 800 mila euro all’anno, con premi a iosa. Tuttosport lasciava intendere in un trafiletto che l’affare champions avrebbe fruttato almeno 50 milioni di entrate per il Grifone, da parte di non precisati sponsor, con cui si sarebbero pagati gli aumenti per Diego e Thiago, più l’acquisto di un paio di altri giocatori per il grande salto.
Il giorno dopo un altro brodo di giuggiole, per i tifosi rossoblu, titolo a sei colonne sul Secolo XIX: Motta “Se resta Milito, rimango anch’io”.
I nove punti conquistati con Reggina, Udinese e Juventus facevano ben sperare. La Fiorentina era rimasta l’unica vera rivale. Il sofferto pareggio con una Lazio incredibilmente gagliarda, grazie a un rigore generoso all’ultimo minuto di gioco, ci fece tremare i vista del rush finale. Vittoria a Bologna con gol di Bosko al 5’ e raddoppio nel finale di Thiago, fantastico 3-1 nel derby, con tripletta del Principe e incredibile serie di vittorie finali. Fiorentina messa ko e sorpasso su Juve e Milan grazie proprio alla Fiorentina! 76 punti e secondo posto! Nemmeno il Pres. avrebbe sperato tanto.
Mai vista una festa così grande per il mio Grifone, mentre contavo i soldi vinti con le scommesse e quelli che sarebbero arrivati dagli sponsor. La città era paralizzata, le bandiere sventolavano ovunque, anche a notte fonda trovavi da via Venti a via Garibaldi gente in festa, locali aperti, macchine strombazzanti. Io festeggiavo a modo mio, con Gaia e Federica sul materasso ad acqua comperato la settimana prima, a qualificazione raggiunta matematicamente.
Ma saltare il preliminare…questo proprio!
E via alla costruzione del Grattacielo!
Nonostante la timida resistenza dell’allenatore, che chiaramente aveva preteso un leggero ritocco dell’ingaggio e compilato una lista simpatica, ma di giocatori di seconda fascia come Lanzafame e De Ceglie, partirono alcuni artefici dell’incredibile stagione, anche perché era l’ultima occasione di farsi pagare 4 milioni gente come l’ottimo Biava (che oltretutto andava in scadenza), passato al Parma, o 2 il vecchio Juric, tornato in Spagna al Deportivo. Per Ferrari la società non potè rifiutare un’ottima offerta dal Besiktas, ma dalla Turchia arrivò Diego Lugano. Per Palladino e Criscito si arrivò a un accordo con la Juve, alla quale fu promesso Thiago Motta per l’anno successivo a un prezzo già stabilito. Via anche Van Den Borre e Olivera, Gasperini fu irremovibile soltanto su Sculli e Milanetto, che però avrebbero fatto le riserve.
Ci volevano due squadre competitive. L’obbiettivo principale rimaneva la Stella, ovviamente, ma andare avanti in Champions voleva dire soldi…così si puntò sul giovane Ranocchia, come sostituto di Biava, e su Moretti del Valencia, come alternativa a Criscito sulla fascia ed eventualmente in difesa al posto di Bocchetti.
Rubinho uscì di testa, era in scadenza e pretendeva gli stessi soldi di Buffon. Con un bell’esborso di denaro a quel mercante di Cellino, lo scambiammo con il promettente Marchetti del Cagliari.
I due colpi promessi arrivarono a luglio: Menegazzo dal Bordeaux e il laterale destro Joao Ametista dal Brasile. Chi cazzo era? Non lo sapeva nessuno, ma me l’aveva consigliato Grifondoro, e siccome ormai ero stimato e ascoltato all’interno della società, si era deciso di dare un’alternativa a Rossi e Mesto. Mancava un centrocampista per affiancare Mila in panca. Altro giovane interessante, Dzemaili dal Torino, altro prestito con diritto (o rovescio) più Kharja, vecchio pallino di Capozucca, dal Siena.
La squadra era fatta: Marchetti, Papa Lugano Bocchetti, Ametista, Menegazzo, Thiago, Criscito (Moretti), Jankovic, Milito, Palladino. Come attaccante di riserva, nonostante qualche smorfia da
Pegli, rimase Lucho Figueroa, e arrivo anche un’altra ala argentina, Rodrigo Palacio dal Boca Juniors.
Il girone di Champions ci aveva regalato una delle partite da sogno: Genoa-Real Madrid! Quante volte avevamo sognato qualcosa del genere. Noi, un popolo ancora appeso al ricordo di Anfield Road. Il girone non era una passeggiata, considerando battibile lo Zurigo, dovevamo vedercela con il Marsiglia. La notte del Velodrome, esordio fantastico (con qualche incidente fuori dallo stadio, maledetti marsigliesi) fu indimenticabile: più di diecimila i genoani presenti, con gente arrivata a Marsiglia fin dal lunedì, per acquistare i biglietti in loco. Gol di Milito, pareggio di Niang e rete della vittoria di Palacio! La vittoria per 1-0 nel Tempio contro lo Zurigo (grandissimo missile di Ametista, che ricorda Branco, nelle punizioni ma spesso si perde in inutili ghirigori col pallone tra i piedi) ci mette abbastanza tranquilli al Bernabeu, dove perdiamo dopo una partita a gran ritmo, evidenziando qualche limite in difesa, dove Bocchetti prima e Moretti poi, ballano alla grande al cospetto di Cristiano Ronaldo. Eppure rimontiamo due volte lo svantaggio e crolliamo solo nel finale, 4-2.
Intanto in campionato siamo quarti, con un po’ di fatica, ma il 4-0 nel derby (altri due gol di Milito, più Thiago e Rossi) è un altro tassello da mettere negli annali. Trentaduemila abbonati sono un’altro record difficile da battere e l’unica sconfitta, seppur pesante, contro l’Inter capoclassifica, per 4-1 in casa, si fa più leggera. In champions le due vittorie con lo Zurigo e la sconfitta casalinga con i Galacticos per 2-0 (con arbitraggio infame e l’infortunio a Bosko che lo terrà fuori per 5 mesi) ci costringono almeno al pari col Marsiglia. La notte di fuoco si conclude 2-2, con il Grifone per venti minuti fuori dal sogno. Altri soldi entrano nelle tasche, buoni per aggiungere un sostituto di Jankovic, Foggia dalla Lazio, mentre in campionato brilla l’astro di Ranocchia, spesso titolare, conteso ora dall’Inter e da mezza Europa. Con lui la difesa non subisce gol per sei partite di seguito e balza al terzo posto, a pari punti con la Roma. La partita di Champions di fine febbraio è qualcosa che mette i brividi Genoa-Manchester United. Il sorteggio non è stato benevolo, ma siamo orgogliosi e felici di esserci. La sconfitta per 3-2 ci elimina virtualmente…quel bastardo di Rooney e quella scelta disgraziata di far giocare Sculley…ma qualcuno è contento perché l’Inter ora è a soli 5 punti e il sogno più grande di tutti per noi si chiama stella.
Nonostante questo, in quindicimila hanno già prenotato Manchester, e chissà quanti riusciranno davvero a entrare.
E’ passato un anno. Siamo di nuovo alla festa della donna. Questa volta nessuno potrà fermare il Pres. dal vendere Thiago Motta alla Juve e la coppia Ametista (che plusvalenza! Pagato 1,5 milioni ora ne vale 15, con una mia scommessa da 300 mila euro da pagare a Grifondoro, però…) Milito all’Inter. Però arriveranno almeno sette giovani di sicuro avvenire, altri due brasiliani sconosciuti, un paio di serbi, un greco, un ciociaro e un portoghese.
Ormai quel che conta è correre come matti, sfoderare il gioco ficcante palla a terra di cui il Gasp è profeta, tenere lo spogliatoio e provarci, sì, provare a mettere il tetto al Grattacielo!
Il destino ci fa ritrovare davanti l’Inter, tutto iniziò un anno fa dopo la partita con i nerazzurri…se vinciamo andiamo a 2 soli punti dalla Stella! Poi ogni Genoano che si rispetti, alla vita non chiederà più nulla. Io finalmente troverò il coraggio per fare parapendio, lanciarmi col paracadute, guidare una moto di grossa cilindrata, candidarmi alle elezioni europee.
Eccoci, il Ferraris è gremito in ogni ordine di posti, la Nord è il solito incredibile spettacolo di canti, colori e passione. L’arbitro Banti fischia il calcio d’inizio.
L’arbitro Banti fischia a lungo. Troppo a lungo.
Non è l’arbitro Banti.
E’ la retromarcia del mezzo del lavaggio strade.
La televisione trasmette un documentario sul falco pellegrino della Marsica. I voli pindarici, a volte, sono viaggi immaginari, altre volte sono così vicini a un’ipotetica realtà, che ci sembrano impossibili.
Il mondo è in mano a individui che non sono capaci di sognare e la cosa triste è che hanno ragione loro. Ma a noi cosa importa? Noi non vogliamo avere ragione, siamo già abbastanza felici di riuscire ancora a svegliarci contenti di avere sognato la costruzione di un grattacielo.

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