Da trent'anni mi manca un qualcosa.
Una roba bella, come avrebbe detto lui.
Sono cresciuto con le sue "Vite Vere", storie talmente surreali da essere più autentiche di quelle reali, pubblicate su Linus.
Beppe Viola è stato uno dei miei primi punti di riferimento.
Sarà stato il suo essere profondamente milanese senza esserlo, il suo approccio mai troppo serio ma molto appassionato al gioco del calcio, l'ironia garbata da "inglese" napoletano.
Un giorno, passando con la bici da Porta Lodovica, mi fermai quasi in preda ad una premonizione davanti alla pasticceria Gattullo. Dentro c'erano lui, Jannacci e Sandro Ciotti che discorrevano animatamente.
Avevo quindici anni e non mi piaceva chiedere gli autografi. Così entrai, chiesi una sfogliatella alla ricotta, pagai e, mentre la mangiavo, li guardai a lungo pensando che magari la volta successiva mi avrebbero riconosciuto.
Fu uno dei giorni indimenticabili della mia adolescenza.
Ciao Beppe.
Giuro che la prossima volta ti chiedo un qualcosa.