martedì 28 settembre 2010

FREDDIE BECCIONI: COME UNA CHITARRA SENZA CORDE


Sbullonatemi i testicoli con una chiave del quindici e toglietemi il whisky scozzese a vita, ma io questa cosa ve la devo dire: il Genoa di Gasperini, così come è scesa in campo a Milano, è una squadra senza palle.
E mi affatico nell’affermarlo, mi si chiude l’esofago e ho bisogno all’istante di un inibitore della pompa protonica. Si faccia avanti chi ha visto segni di lotta, di cattiveria agonistica, di qualcosa che andasse oltre al giudizioso sussiego del soldatino. Alzi la mano chi si è divertito, secondo me nemmeno i fulminati del giorno dopo lo possono scrivere sul giornale o sul social network di turno.
Corinna annuisce mentre mi cambia le corde della chitarra. Ho trovato una escort musicista e sarà dura liberarmene, anche se ho molte più alternative di Preziosi.
Io lo capisco, non è che Ballardini ti dia tutte ‘ste sicurezze. L’ho visto in tivù senza i rayban e sembrava una via di mezzo tra Daniele Piombi e un meccanico di Faenza. “E questo dovrebbe cambiare le palle ai nostri come Corinna cambia la muta di corde alla mia Ovation?” mi sono detto.
Suonala ancora Prez, suonala tu che quell’altro, per me, è già suonato per conto suo. Non sparate sul pianista, ma Jerry Roll Gasperson per me è già Morton. Non c’è più l’effetto novità, non ha più niente da dire o da dimostrare, come può pizzicare le palle di Veloso, di Rafinha e farne uscire un arpeggio vincente? Meglio un nuovo compositore, quasi quasi un traghettatore (no, non Salvemini…), anche Beretta, forse ma forse.
Tanto non è quel posto in più, quell’arrivare settimo piuttosto che undicesimo che ti fa la differenza, però una volta ci si divertiva, invece ora…altro che corde della chitarra, quello non rinuncia ai suoi schemi nemmeno se gli cambiano i connotati. E senza Juric, senza Rossi, non c’è cristiano che si prenda la briga di mostrare il fuoco sacro. E sapete perché? Perché questi giocatori non AMANO Gasperini! E se va avanti così, finisce che non rispetteranno nemmeno più questa maglia. Perché se si scazza Marchino, se Criscito si deprime perché non lo chiamano più in nazionale e non c’è più Bocchetti a raccontargli le barze, se Sculli sognava l’Inter e meriterebbe il Portogruaro, se Scarpi si rompe i coglioni di menarla con la storia della serie C e della genoanità che non ci crede nemmeno più lui, qui siamo finiti. Ci vuole un nuovo conducator, che diamine! Oppure un’iniezione di sana bava alla bocca che arrivi dall’alto, dal vertice della piramide.
Vada per le tattiche estreme, vada per la vecchia guardia, vada anche per il catenaccio mascherato da possesso palla alla catalana, ma io voglio le palleeee!
Corinna mi osserva in tralice mentre accorda la chitarra. Questo Genoa oggi ha suonato in minore, un blues palloso dei negri. E dopo il primo tempo si era spento anche quel po’ di sezione fiati.
E il blues, si sa, non apre le porte. Ci si chiude dentro, inseguito dai cani.
Nel secondo tempo si è annoiata, Corinna.
Ora forse anche lei vuole le palle.
Dal Grifone ho sempre accettato tutto, in cambio della grinta e della dedizione, del sudore denso sulla maglia a fine partita. Ho apprezzato Ambrogioni come fosse John Terry, Marulla come Romario e Pasquale Jachini per me era più forte di Platini. Dai, siamo fatti uguale io e molti di voi, ammettetelo! Sì, magari voi non avete tutto questo andirivieni di fica dell’est, e non siete così amici di Scantamburlo e di Luca Bizzarri, però sul Genoa ci capiamo. Undici Grifoni adunghianti, tutti con la faccia di Torrente e le vene di Ruotolo, con la dedizione di Signorini e la cattiveria di Gorin, con la lucida follia del professor Scoglio e la passione intellettuale di Onofri. Noi li vorremmo talmente attaccati alla maglia che gliela stireresti addosso a crudo, roba che Marchino Rossi è un grande, per carità, ma solo una discreta imitazione del grifone ideale.
Allora non so voi giovani genoani rampanti, cresciuti senza ricordi e con la noia delle generazioni XYZ, non so voi quarantenni con le membrane rifatte e la verginità postuma, non vi conosco e non vi capisco, ma sono solo santuari di cazzi vostri.
Io preferisco salvarmi all’ultima giornata con un manipolo di lottatori che per tutta la vita ricorderanno la maglia rossoblu come il primo pompino alle superiori, piuttosto che campare di rendita nella mezza classifica. Sarò masochista? Meglio che lobotomizzato.
Non saprei che farmene di una chitarra senza corde, di una squadra senza i controcoglioni.
Ero in tribuna al Meazza, lo volete sapere? Con Corinna, che conosceva anche due o tre mogli di giocatori rossoneri, e le palle dei loro mariti. Ma anche questi sono stracazzi suoi.
Li ho sentiti i commenti dei vip rossoblu a fine partita. Non sapevano che minchia dire, erano tutti basiti dalla sconfortante reazione dei nostri dopo il gol preso.
Non avevo bevuto abbastanza per provocarli, ma ci ho provato.
“Ma che cacchio vi aspettavate? Ve le ricordate le trasferte dell’anno scorso?”
Uno piccolo e brizzolato mi si avvicina con l’alito intonso. Mi fa quasi schifo.
“No, non me le ricordo”
“Mi spiace proprio, credo che lei sia vittima di un processo degenerativo che distrugge progressivamente le cellule cerebrali, e che la renderà presto incapace di una vita normale”
“Veramente…io sono milanista”
“Ah, ecco…”
Gli altri attendono il verbo del Grande Capo.
Che è talmente incazzato da non riuscire nemmeno ad articolare in irpino.
Lo abbiamo visto tutti Kharja indirizzare decine di palloni molli e poco convinti, Mesto e Rafinha comparse in un film di Tornatore, Palacio operoso ma solingo e incompreso come un rivoluzionario ad Andorra.
Ci siamo spompati in un primo tempo laborioso ma poco produttivo, che alla fine ci ha portato una sola vera azione gol, il colpo di testa di Chico, più un palo casuale di Palacio. Tutto questo per annullare il temibilissimo diavolo, lo stesso che ne aveva lasciate almeno cinque nel primo tempo in casa col Catania.
Ne avvicino un altro, lo prendo anche per la giacca. Questo è calvo come Galliani ma avvenente come suo figlio.
“Ma ci sarà un perché non abbiamo mai vinto fuori casa con una grande? Qualche pareggio striminzito e un sacco di batoste”
“Ci sarà, ma intanto siamo in progressivo miglioramento caro, vedrai che anche quest’anno ci toglieremo delle belle soddisfazioni…”
Ripenso alle soddisfazioni che mi sono levato l’anno scorso, dopo il 3-0 nel derby d’andata.
Non ne trovo, forse sono io che sbaglio. Forse è quello che ho mangiato ieri sera e che poi ci ho dovuto bere sopra di conseguenza.
Dice Corinna che la squadra è ben costruita, è forte. Le piace Veloso e anche a me, ma di fianco gli devi mettere uno che lotta. Magari Zuculini non è la soluzione, ma di certo aiuta.
Sfila davanti a noi l’Altissimo, colui che potrebbe dare una svolta, un senso a questo mezzo copione già scritto a cui molti di noi vorremmo sfuggire.
Avrebbe dovuto giocare lui, perché ha gli occhi iniettati di rabbia, il furore che lo costringerà all’ennesimo controllo medico. Se non fosse stramiliardario, direi addirittura che è genoano.
Si ferma, forma un crocicchio per partenogenesi, osserva affilato chi conosce e chi non ha mai cagato ed esprime il suo parere sul match appena concluso.
“Sono furibondo, e non per il risultato. La mia squadra non ha le palle”
Corde della sua chitarra.
E così sia.

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