lunedì 8 novembre 2010

ADDIO AL ROOTS, UNA PARABOLA AFRICANA


Questa è la storia di un grande albero che, con gli anni, ha l'umiltà di tornare alla terra, dopo ogni ascesa, e rinascere più forte e saggio di prima. Ma è anche la storia della crudeltà umana, di quell'animale capace di distruggere sogni e passioni per soddisfare i propri interessi. Nell'ultimo anno, a Malindi, centinaia di turisti e tanti residenti hanno scoperto la magia del Roots, un insolito locale costruito in mezzo a un ficus zanzibarica di novanta metri di diametro. Le sue radici aeree formavano delle robustissime grotte a pioggia, sulle quali erano state costruite due solide palafitte. Usiamo il passato, perchè nei giorni scorsi il legittimo proprietario di quell'albero e del terreno in cui è compreso, ha iniziato ad abbatterlo. Ci farà delle abitazioni, probabilmente. Ma soprattutto, chi ha creato quel luogo e la sua leggenda, non ha detto tutta la verità ai suoi ospiti e sostenitori. Noi di malindikenya.net, grazie a fonti sicure, documenti originali e ricostruzioni, ci siamo andati molto vicino: i proprietari del terreno su cui sorgeva il Roots, erano due tedeschi, marito e moglie. Alla morte del coniuge, la consorte Ute Shlitt, malata, decide di tornare in Germania e lascia una delega a un suo uomo di fiducia locale, per vendere o affittare la sua casa. L'uomo di fiducia dopo qualche anno ipoteca il terreno presso una banca e scappa con i soldi. Più avanti, la banca allo scadere dell'ipoteca decide di rivalersene e diventa proprietaria del terreno. Nel frattempo un amico della signora tedesca si fa fare un'altra delega, per evitare di perdere il terreno, ma è troppo tardi. La banca lo mette all'asta e trova un acquirente a cui del grande albero interessa relativamente. Così chi nel frattempo ha trasformato il terreno nel bar ristorante giriama che molti hanno visto e conosciuto, pur avendovi fatto partecipare la gente del vicino villaggio, è stato accusato di appropriazione indebita ed è finito in prigione. Tante però sono le ombre oscure dietro alla persona che gestiva il Roots. Al di là della triste vicenda, a noi spiace che quasi nessuno abbia seguito il nostro monito, di preservare il bellissimo ficus dalle radici aeree. Abbiamo provato a chiedere all'organismo che tutela le bellezze ambientali, ad associazioni locali. Forse anche noi siamo arrivati troppo tardi, il ficus zanzibarica del Roots avrebbe dovuto diventare monumento nazionale, e invece probabilmente le sue radici fatte a pezzi saranno il monumento alla ferocia dell'uomo. (tratto da malindikenya.net)

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