martedì 8 marzo 2011

NONNO KAZUNGU E LA FESTA DELLA DONNA


Vedere un bianco a Kakoneni, alle otto del mattino, non è un fatto raro ma regala sempre un senso di inaspettato, di nuovo; l’effetto sorpresa delle cose immaginate che si materializzano in un istante imprevisto. Questo accade soprattutto ai bambini che gioiosamente si dispongono sul bordo della pista come per il passaggio dei ciclisti sul Tourmalet e sono un tutt’uno con la polvere arancione, l’ombra delle acacie e il sorriso del sole.
Nonno Kazungu invece sa che un mzungu a quell’ora, su una strada sterrata, cinquanta chilometri all’interno di Malindi sulla via per il Parco Nazionale dello Tsavo, se non c’è nelle vicinanze un pulmino da safari, può appartenere a due categorie:

1. Turista attardatosi a orinare e dimenticato dal conducente del pulmino da safari e non segnalato dai passeggeri (in questo caso dopo al massimo un’ora e mezza torneranno a recuperarlo) o
2. Turista che si è avventurato verso la savana con la propria auto e l’ha lasciata qualche chilometro indietro, con la moglie grassa e sudata a frenare i rivoli con la sua camicia e la coppia di amici giunti per la prima volta in Africa a sognare, sui sedili posteriori, il giardinetto della loro villetta a Pietra Ligure.
Se non fa parte di una delle due tipologie, allora può essere soltanto lo Svaporato, che ha approfittato di un passaggio da avventurieri in Land Cruiser o è appena sceso dal matatu rapido Malindi-Kakoneni.
“Jambo, mzee!”
“Buongiorno, nipote pallido”
Dal candore della camicia e del volto, si direbbe Land Cruise, che passerà a riprenderlo domani.
E’ il momento di un tè alla cannella, di una partita a dama africana e di una sportsman da fumare con lentezza da olimpiade dei rilassati.
“A cosa dobbiamo questa visita, amico?”
“Oggi è l’otto marzo, sono venuto perché è la festa della donna e vorrei che anche a Kakoneni venisse festeggiata questa ricorrenza”
“La festa…?”
“…della donna…mwanamke! Delle tue mogli, figlie, delle nipoti, delle malaya”
“Ci mancava anche questa…ragazzo mio, il Kenya è il Paese con più feste comandate del continente africano e, credo anche del mondo. Non avendo adottato una religione ufficiale, celebriamo tutte le ricorrenze cristiane, quelle di Roma e quelle celebrate nei paesi anglosassoni, come la Pentecoste, per non fare torto al Papa ma nemmeno ai protestanti britannici che per primi ci hanno parlato di fede. Poi rispettiamo le feste islamiche, ci mancherebbe altro…la nascita del profeta Mohamed, la rivelazione e i giorni di preghiera in cui in molti si dirigono alla Mecca. Ovviamente facciamo festa anche nel giorno di inizio e in quello della fine del Ramadan. Abbiamo poi le ricorrenze storiche della nostra Nazione: il giorno dell’indipendenza, “Uhuru day”, quello della costituzione, “Jamhuri day”, il compleanno di Jomo Kenyatta, il padre della patria e anche quello del suo successore, un po’ meno padre ma sempre un po’ monarca, Arap Moi. Chiaramente ci allineiamo al mondo anche per quanto riguarda il 1 maggio, pur non avendo una grande tradizione operaia…il primo dell’anno non si lavora e dall’anno scorso è stato dichiarato festa nazionale anche il giorno di San Silvestro. Ultimamente c’è chi sussurra che ci stiamo aprendo al buddismo e ai giorni solenni del calendario celtico…e come ignorare a Malindi le festività italiane? Se non ci fosse stato il 25 aprile i tuoi connazionali erano ancora in Somalia, altro che spiagge, safari e cocktail tropicali!”
La saggezza e l’ironia di Nonno Kazungu lasciavano sempre allibito lo Svaporato, d’altronde sapeva bene che solo per uno come lui avrebbe affrontato l’entroterra malindino e dormito una notte in una capanna di fango tra serpenti e scorpioni. Era un esemplare unico: più di quaranta stagioni a fianco di bianchi di ogni razza e cultura, imparando ad osservarne altre migliaia di passaggio, gli avevano trasmesso come un calcolatore elettronico miliardi di informazioni e stimoli, il tempo a disposizione, il fluire lento delle cose e la limpidezza del pensiero avevano elaborato il tutto, sublimandoli con la filosofia della vita africana.
“Ma questa non è una festa del calendario, nemmeno in Italia…è un modo per celebrare la fortuna di avere il genere femminile al nostro fianco”
Nonno Kazungu guardò lo Svaporato in tralice e strinse con vigore ritrovato il suo pareo ai fianchi.
“Una festa per ringraziare il Cielo per la riproduzione della specie, dici?”
Lo Svaporato scosse alla maniera di un banano la folta chioma che aveva in testa.
“Andiamo a discuterne al Safari Bar”
Lawrence Kamongo stava caricando il suo pick-up celeste.
Sul cassone c’erano già sette persone, un piccolo generatore da portare a riparare, una cassetta degli attrezzi, due casse di vuoti della Tusker, la ruota di scorta di un camion, una bicicletta e una bombola del gas. Nel posto di fianco al guidatore, incassato e sorridente, l’elettricista Makotsi.
“Si va in trasferta!” disse, ordinando un kenya coffee.
“Quando torni? C’è da organizzare la festa della donna al tramonto”
“Sarò indietro intorn…LA FESTA DI CHE’?”
“Della donna…è l’otto marzo! In tutto il mondo si festeggia la donna”
“Noi festeggiamo tutti i giorni la donna, non c’è bisogno di un giorno speciale”
“Anche Gesù viene festeggiato tutte le domeniche, eppure ci sono ricorrenze particolari, settimane più importanti” disse nonno Kazungu, che aveva deciso di prendere le parti dell’amico italiano, immaginando che si sarebbe trovato presto in minoranza.
Sentendosi chiamato in causa, il prete si sgranchì la voce.
“Vogliamo mettere sullo stesso piano Gesù e…”
“La Madonna da cui è nato? Perché no!” lo anticipò lo Svaporato.
“La Madonna era una donna speciale, non commise alcun peccato…per questo la adoriamo” sbottò il prete “non dimenticate che è Eva ad aver commesso il peccato originale”.
“Il peccato che hanno commesso le nostre donne è stato quello di sposarci…” sghignazzò Kazungu.
“Avessero potuto decidere loro…” saltò su il gestore del bar, Kibonge.
“Che peccato ha commesso la mia prima moglie, venduta dal padre per sette capre e una piantagione di pomodori?” fece rimbombare Makotsi dall’interno del pick-up.
“Quello di non scappare a Matsangoni!” berciò una voce di giovanotto dietro il generatore.
“E io, che mi spacco la schiena da dieci anni per trasportare l’acqua dal pozzo e curare i miei quattro pargoli? – chiese con tono stridulo una delle ospiti del cassone, spostando la bicicletta affinché la si potesse vedere in faccia - Sono una peccatrice, forse?”
Il prete fu ricacciato nel più religioso silenzio, Kamongo proseguì.
“E in cosa consiste questa festa della donna?”
“Dovrebbe accadere che per un giorno la donna può fare quello che durante il resto dell’anno le è vietato…l’otto marzo decide lei, è la protagonista!” s’infervorò lo Svaporato.
“Cioè oggi le nostre donne dovrebbero ubriacarsi, farsi cucinare il capretto, costringere l’uomo a un rapporto sessuale…”
“Per esempio, stasera il Safari Bar è a loro disposizione e non si vede la partita, ma il programma che decidono loro…”
“Ma c’è West Ham-Portsmouth…” provò Kibonge.
“Vi rendete conto di quel che fanno da sempre le donne per noi? - disse allora Kazungu – i lavori di fatica, i figli, tengono puliti i villaggi, lavano i vestiti, si procurano la legna e pestano il mais, raccolgono gli spinaci, vanno a prendere l’acqua…”
“Ma è normale, noi siamo a lavorare in giro o in città e guadagnamo i soldi per mantenerle…” disse Kamongo.
“E tu capovolgeresti la situazione? Manderesti a servizio tua moglie restando al villaggio a fare quello che fa lei?”
“Non è possibile – rimbombò Makotsi, apprendo la portiera – l’uomo non può allattare, i figli vanno cresciuti dalla madre, di conseguenza lei deve stare al villaggio”
“Ecco trovato l’alibi…” mormorò lo Svaporato.
“Su questo non posso dar loro torto…” confermò nonno Kazungu.
“Ho capito! – disse Kibebe, lo scemo del villaggio destandosi da un sonno sbroffante sotto il flipper – oggi si festeggiano le tette della donna!”
Quella sera, per l’otto marzo, gli uomini del villaggio cucinarono capretto e patate alla carbonella per le loro mogli, intonarono canti popolari ai quali le voci femminili si unirono, trascinandoli in danze tribali. Qualcuna di loro provò anche un goccio di mnazi, ubriacandosi all’istante. Quasi tutte fecero l’amore con i loro mariti e per chi aveva due o tre mogli fu una serata impegnativa.
Nonno Kazungu prevedeva che i primi di dicembre la popolazione di Kakoneni sarebbe aumentata del 90 per cento.
Lo Svaporato non sapeva se essere felice per le donne di Kakoneni o essere convinto di avere avuto un’idea del cavolo.
Ma soprattutto, alle nove la festa era già terminata e, con grande gioia di Kibonge, gli uomini stappavano Tusker Malt al Safari Bar, guardando West Ham-Portsmouth e facendo ogni volta un brindisi speciale.
“Viva l’otto marzo! Viva le nostre donne!”

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