Ed ecco apparire, dal nulla piacevole dell’inaspettato, una
bellezza conturbante del tutto simile a Sara. Aveva lunghi e soffici boccoli
neri, due occhi così grandi e chiari che ci si scorgeva il golfo di Surriento
dall’alto di un elicottero, il seno timido e i fianchi generosi, gambe sottili
e affusolate e una voce… incredibile, aveva una voce tutta sua!
“Non avrebbe una penna da prestarmi?” gli sussurrò.
Un po’ sconcertato per il
lei, estrasse immediatamente
una biro argentata e la porse emozionato e ossequioso fino al ridicolo.
Lei compilò un modulo, lui rimase al suo fianco quasi
indiscreto, in contemplazione. Appena ebbe finito, voltandosi, se lo ritrovò a
non più di venti centimetri, preso da improvvisa lalofobia.
Raccolse i pensieri e quel briciolo di dignità rimasta e
filastroccò impostando la voce: “Mi…mi ha colto la fervida angoscia che avverte
l’uomo sensibile quando scorge un simbolo della bellezza eterna”
Lei abbozzò un sorriso di maniera e lo squadrò stranita,
con la biro in mano.
“Non è mia… è di Thomas Mann” precisò, per evitare la
propagazione del silenzio.
“Lo ringrazi da parte mia” gli disse, restituendogli la
penna.
La vide allontanarsi con lo zampettio di un fenicottero.
Ad essere sinceri era vestita da provincialotta in gita
nella metropoli e aveva il culo grosso.
(da "La Schedina di Gaetano")
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