martedì 23 dicembre 2008

RECENSIONI: ELTON JOHN "THE CAPTAIN AND THE KID"


Quanto tempo è passato dalla strada di mattoni gialli? Una vita artistica, dodicimila paia d’occhiali, milioni di copie vendute, un solo amico e collaboratore. “Il ciclo è completato” ha detto Elton John alla pubblicazione dell’ennesimo album, il migliore dai tempi di “The one”, un’altra mezza vita fa.
Il ciclo è quello celebratissimo dell’artista e del suo paroliere, de “Il capitano e il ragazzo” come da titolo dell’album. Antologico, ma con sole canzoni inedite, nostalgico ma con suoni, voce e testi giovani, commerciale ma briosamente retrò, il disco della premiata ditta Reginald Dwight-Bernie Taupin.
I Battisti-Mogol più famosi del mondo si indignano (l’iniziale “Postcard from Richard Nixon” è un j’accuse sulla guerra in Iraq), si divertono da matti (il rock and roll di “Just like Noah’s arc”), stendono la pasta di cui sono fatti con un paio di lenti da cassetta (“The bridge”, “Blues never fade away”) e piazzano il caramello finale con “Tinderbox”, che già dal coretto old-style fa sussurrare all’autoplagio e ci riporta definitivamente al 2006. Lontane, nello sfondo, Yellow Brick Road, Harmony row e una “Old ‘67” cantata con una (sana?) nostalgia. Piacciono i suoni curati ma menolaccati del solito (il gusto analogico di “I must have lost it in the wind” con tanto di armonica seventy) e il piano suonato da session man, al limite un po’ narcisista.
Riempitivi a parte (“Wouldn’t you have any other way”) e tributi (quelli segnati nel booklet, spiccano come muse ispiratrici di cotanto ispirata icona Rufus Wainwright e Ray Lamontagne), resta il piacere “antologico” di un lavoro di coppia con qualche ruga, un paio di guizzi d’autore e tanta, tanta nostalgia.

Alfredo del Curatolo

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