La prima (e ultima?) antologia di poeti malindini...tutta da ridere.
IN ESCLUSIVA ECCO LA PREFAZIONE...
PAPAIE
E CACHI
Questa raccolta è frutto di uno studio.
Lo studio è frutto di una ricerca e la
ricerca è frutto di un frutto.
Il frutto in questione potrebbe essere una
papaia.
Compiendo un volo metaforico, infatti, possiamo
comparare la poesia sulla costa keniota a questo frutto tropicale apparentemente
insapore, ma ricco di storia e di proprietà benefiche.
Frutto poco invadente e invasivo che
pulisce dentro come mondasse dallo sporco del nostro tempo, sana e
provvidenziale lavanda interna di cui però è meglio non abusare.
I versi che ho raccolto, come fossero
maturati per conto loro e poi caduti dal fronzuto albero dell’inconsapevole
conoscenza, compongono liriche semplici e genuine che scaturiscono da
situazioni di vita quotidiana e raccontano di comunità, incontri,
abitudini, rapporti con la natura (qualcuno
anche contronatura) e con gli animali.
Portano in sé la dolcezza del ripetersi infinito e lento di giornate
vissute alla stregua di regali del Destino, mai eccessivamente graditi ma comunque
degni di ringraziamento.
Proprio come quando si porta a qualcuno
della frutta in dono: nella migliore delle ipotesi ci si aspettano fragole,
ciliegie, percoche, frutti di bosco. All’equatore si gradisce il mango, il
frutto della passione, magari anche un bell’ananas.
Se poi arriva una papaia… per carità,
rifiutarla mai, specie se si ha fame, ma certo un filo di delusione traspare.
Per un keniota, in ogni caso, la
sensazione di sbandamento dura un attimo, poi si cerca un coltello per aprirla,
del lime da spremergli sopra, e si fa festa.
Questa può essere la forza della poesia a
Malindi e dintorni: inattesa, carica di pathos e speranze, apparentemente
anodina, scialba ma alla fine gradita.
Ovviamente qui non si parla della poesia
tradizionale Mijikenda, che ha nei canti tribali e nei racconti circolari le
sue origini e che s’ammanta di animismo e di magia quando viene mescolata a
leggende epiche e storie dei secoli scorsi; quando il popolo Mijikenda si mosse
dalle colline di Shingwaya, dove oggi si snoda il tribolato confine con la
Somalia, per cercare la terra promessa nel profondo entroterra tra Mombasa e
Malindi.
Di quei poemi “alti” il portavoce è il
grande Kazungu Wa Hawerisa, autore di cui verrà presto pubblicato un volume
(serio) a parte.
Qui di seguito, invece, diamo voce alla
poesia attuale, nascosta, sconosciuta, inesistente, affiancando al percorso
quotidiano della popolazione locale, la visione di chi sulla costa è venuto a
vivere, mescolandosi con i kenioti.
Nella vita di tutti i giorni, alla
semplicità della gente locale, si contrappongono abitudini, storture,
comportamenti tipici e strani dei nostri connazionali.
L’Italia patria di Leopardi, Foscolo, D’Annunzio,
Montale, Ungaretti, Quasimodo, approccia una civiltà assolutamente digiuna
poeticamente, pronta per questo a divorare con curiosità e infantile entusiasmo
anche frutti a loro ignoti.
Ecco che la papaia potrebbe incontrare
fragole succose, deliziose ciliegie, morbide albicocche, pesche profumate…ma a
Malindi gli tocca imbattersi in un caco.
Sulla costa keniota la poesia non può
essere invettiva, non è strumento di lotta o rivendicazione, al massimo, quando
non è paziente e contemplativa, può diventare, con la presenza dei “mzungu”, un
veicolo ronzante, indisponente, dissonante.
Una “poesia tuk-tuk” che con pochi
scellini ti porta da una parte all’altra di Malindi, dai chioschi di lamiera di
Maweni alle lusinghe di cemento di Lamu Road.
Un tuk-tuk apolide, su cui salgono
contemporaneamente beach boy rasta per signora, pensionati in punta, pescatori
e peccatrici, venditori di avocado e finanziatori di avvocati, piccoli
imprenditori veneti e avvenenti studentesse di Nairobi.
Cosa ne può scaturire?
Quale linguaggio porteranno in dote?
Questo è un po’ il senso dell’antologia
che vi apprestate a sfogliare: contrapporre le vicende di noi italiani, declamate
con ironia e sguardo disincantato dall’estensore di questa prefazione, ai
“quadretti” di sconosciuti, effimeri e singolari cantori di quest’angolo
d’Africa.
Papaie e cachi.
1 commento:
facciamoci luce!
Posta un commento