Amicizia, cibo e Totocalcio. Può un romanzo fallire partendo da questi ingredienti?
Forse, a patto che l'autore tratti di queste cose attraverso una conoscenza teorica, indiretta, filosofica; e accordata su una nota nostalgica troppo ammiccante. Pericoli che non corre Freddie del Curatolo il quale, nel consegnarci il suo nuovo romanzo "La schedina di Gaetano" (Liberodiscrivere, 247 pagine 15 euro) mette a frutto una vita da giramondo sensoriale. Del Curatolo è stato (è) giornalista, è stato (ed è) musicista, è stato (e più che mai è) scrittore. E' stato (ed è ancora) persino gastronomo: l'invito è a cercare nel libro la pagina in cui egli stesso, per bocca di uno dei suoi personaggi, prende le distanze dagli chef per ribadire un amore più appassionato e "freelance" verso i fornelli.
Esperienze, prove, godimenti e nostalgie. Questa la materia prima del romanzo. Cotta alla luce rovente di un mito, quello del calcio. La storia, della quale comunque meglio non rivelare troppo, segue le vicende parallele e a tratti tangenti, di due grandi amici - Eugenio e Sandro - uniti da molte affinità elettive, a cominciare da quella cromatica; amano entrambi il rosso e il blu, solo che per uno l'accostamento corrisponde al Genoa e per l'altro al Bologna. Poco importa, ci sono più elementi in comune che differenze tra queste squadre, e quel che conta è che sia condiviso un sentimento particolare, quasi una visione, nei confronti del calcio: materia popolare, mito, epopea di eroi da scoprire.
Eugenio e Sandro, insieme, diventano i Jerry Lewis-Den Martin della schedina, i Lennon-McCartney del'1X2. La coppia perfetta. Anche perché contano su un angelo-mentore infallibile: Gaetano Scirea. Proprio lui, la leggenda della Juve, il campione del mondo 1982, il giocatore più corretto di sempre (mai espulso).
La presenza - letterale - di Scirea nel romanzo colloca la storia nel tempo: tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. Non poteva essere altrimenti, il rito di compilare la schedina - tra ispirazione, preveggenza, sapienza, istinto e comunione spirituale con la breriana Dea Eupalla, ci rimanda a tempi quando il gioco, pure legato alla fortuna, imponeva una partecipazione umana e sentimentale: non bastava grattare per vincere, e neppure era sufficiente pigiare bottoni di una slot machine digitale.
Attraverso il vieppiù tradito paese del "miracolo italiano", Del Curatolo conduce i suoi personaggi a un finale che lascia a bocca aperta. Per saperne di più, leggere il libro...
(Mario Schiani)
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