giovedì 16 ottobre 2014

FREDDIE GIOCA LA SCHEDINA DI GAETANO (da Qtime)

È andato lontano Alfredo del Curatolo, in arte Freddie, cantautore, giornalista e scrittore che nel 2005 ha deciso di lasciare il nostro Paese per volare a Malindi. Necessità e un pezzo di cuore l’hanno riportato in Africa a vivere un’altra esperienza incredibile, sia dal punto di vista umano sia da quello professionale. Nel suo caso, per dirla con Stefano Barotti, è davvero difficile capire quanto dista l’uomo dall’artista. Un vulcano sempre attivo, che vive la vita con gli stessi caratteri caldi e strabordanti che ne distinguono anche l’opera letteraria.
Il suo ultimo romanzo, “La Schedina di Gaetano”, pubblicato in questi giorni dopo l’ottimo “Safari Bar”, viene presentato venerdì 17 ottobre, alle 18.00 – la superstizione non lo ha contagiato nemmeno in Africa, quella forse la riserva solo per il suo amato Genoa – alla Feltrinelli di Como, dove Freddie dialogherà con Mario Schiani e Maurizio Pratelli. In occasione di questo evento, che riporta Freddie a Como, QTime lo ha intervistato.
Per quanto si fugga in Africa, “La schedina di Gaetano” è un romanzo tutto italiano.In Kenya sono andato nel 2005, quando ancora le cose non giravano così male nel Belpaese. Oggi mi rendo conto che la scelta fatta è giusta anche da quel punto di vista. In Africa si ha più tempo per le passioni: le mie sono scrivere, leggere, ascoltare musica, dirigere una scuola calcio di ragazzi di strada, viaggiare, fare il bagno in mare almeno un giorno sì e un giorno no… devo continuare? Questo romanzo invece era necessario perché racchiude il periodo precedente al mio incontro con il Continente Nero, avvenuto nel 1990.
Forse quell’Italia in cui si immerge il romanzo non c’è più, e nemmeno quel calcio.
Anche senza il forse. Tornando in Italia ogni anno se non ogni due, per poche settimane, ci si rende conto più nitidamente dei cambiamenti. Quel che mi mette più tristezza è il muto, rassegnato adeguarsi delle persone ai tempi cui sono costrette.
Passando dalla radio a Sky cosa ha perso il calcio?
La fantasia, il sogno, l’epica. Una volta ti chiedevi se Benetti fosse così spietato anche nella vita, idealizzavi Facchetti e Zoff come potessero essere tuo padre e avevano solo trent’anni. Oggi sei aggiornato anche sui nei delle natiche delle fidanzate dei campioni. Ma non voglio fare retorica né attaccarmi all’inevitabile nostalgia. Sono cresciuto con il calcio allo stadio o alla radio e attendendo l’una di notte per vedere i gol del Genoa in serie B alla Domenica Sportiva. Ci tornerei domattina, anche senza ringiovanire.
Da quanto tempo non fa più una schedina?
Più o meno da quando siamo infettati da “Gratta e vinci” e scommesse varie. Hanno lottizzato anche la più genuina delle speranze. Preferisco le vecchiette che ancora si giocano al lotto i numeri che hanno sognato, o cercano sul libretto l’equivalente di una nuvola a forma di elefante, il callo sul mignolo del piede o le specifiche del matrimonio di Clooney.
C’è sempre un Gaetano che torna nei tuoi libri, oggi Scirea ieri Rino.
Ci ho pensato. E’ sicuramente un nome che ricorre nella mia vita e legato anche ad un immaginario fatto di genio, umiltà, passione. Oltre al tragico destino che li accomuna. Non dimenticherei nemmeno un mio mito di gioventù, l’anarchico Gaetano Bresci…
Anche Genova e il Genoa non mancano mai, ma Como proprio non ti è entrata nel cuore?
Como ha avuto la “sfortuna” di arrivare dopo l’Africa, Genova c’era già prima. Ormai sono un keniota al pesto, come mi ha detto qualcuno in Liguria. Per un uomo d’oceano è difficile abituarsi all’idea di un’acqua chiusa, ma il Lario mi ha insegnato molto, mi ha reso più metodico, attento, scrupoloso. Cose che gli africani proprio non riescono a inserire, anche solo a piccole dosi, nel loro DNA.
L’amicizia è un altro tema ricorrente.La Schedina di Gaetano è un romanzo sull’amicizia e sui rapporti veri. Oggi gli uomini non vogliono più mettere in relazione le loro solitudini. Parlano e s’azzuffano su questioni globali: la politica, le dispute religiose, l’animalismo. Passano ore a chattare in Facebook e non si conoscono. Una volta ci si voleva bene o si litigava quando con genuino altruismo si andava a scavare nel cuore dell’altro, quando amicizia voleva dire anche essere psicologi a vicenda, non solo condividere citazioni o filmati su youtube.
E poi la musica, le canzoni.
Cartine al tornasole dei sentimenti, della voglia di vivere, di evadere, di lasciare che siano i grandi interpreti a parlare di quello che stai provando, quando le parole non sono più necessarie. La musica è parte integrante della mia vita e un romanzo sui sentimenti, sull’amicizia, sul destino, non poteva che avere una sua colonna sonora, proprio come un film.
In quella del tuo “film” c’è anche Our House di CSN&Y, la tua casa quale è?
Casa mia è un foglio bianco, la chiave per entrarci è una penna. Tutto intorno è la curiosità. Un giardino immenso che non mi stancherò mai di esplorare.
A tratti in questo libro mi sei sembrato l’alter ego di Gianluca Morozzi. In fondo siete entrambi rossoblù. Lui tifa per il Bologna, tu per il Genoa. Lui accecato da Springsteen Freddie da chi?In effetti Sandro, uno dei due protagonisti, è un tifoso rossoblu del Bologna. Ma è Eugenio, il genoano, a coltivare la passione per la musica, come Gianluca Morozzi, di cui apprezzo l’ironia e il saper parlare della fede calcistica come qualcosa di profanamente sacro. Ci accomuna la passione per Bob Dylan, ma su Springsteen, che rimane un grande, io ti rispondo: John Mellencamp tutta la vita! Per i testi, la voce e la vera natura contadina dell’America.
Progetti per il futuro?
Ci penso dopo aver cenato e bevuto una buona bottiglia di vino. Ho dei sogni: vorrei pubblicare il secondo album da cantautore dieci anni dopo il mio esordio “Nel regno degli animali” del 2005. I pezzi ci sono. Vorrei registrarlo in Sudafrica, negli studi dove nacque “Graceland” di Paul Simon. D’altronde sono più vicino a casa…

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