Scocca il novantesimo al Barbera.
Le annate sono di quelle D.O.C.
Zio Marchese, 1984, in anticipo di due metri sul diretto avversario lanciato
verso di lui con un Velosolex, inchioda repentinamente col suo califfone per
paura forse di farsi male e non poterlo raccontare al figlio Calogero.
Raccoglie una sacrosanta ammonizione e regala una punizione dalla trequarti ai
padroni di casa.
Sul relativo lancio in area, la palla danza come un’entreneuse ucraina in un
nightclub di Abu Dhabi, facendosi toccare da tutti, aspettando di darsi al più
prezzolato.
Nonno Burdisso, 1981, non resiste alla tentazione ed estrae dal repertorio la
ciabatta d’oro, antico cimelio che si guadagnò anni addietro nella campagna di
Cipro con la compagine Ambrosiana.
Due anni di contratto iniziati più o meno come aveva concluso l’annata
precedente.
Altro che Barbera, un Rojo de Mierda buono nemmeno per la sangria.
Così si conclude la prima dei due preliminari di Calciomercato della stagione.
La buona notizia è che siamo già a pari punti con Juve, Milan e Napoli.
Tutto quel che è accaduto precedentemente è inutile, fallace e dimenticabile
come una promessa di Preziosi; inguardabile e irritante come la faccia di
Milanetto.
Con un Grifone largamente rimaneggiato ed alcuni giocatori in ritardo di
condizione, sarebbe stato meglio osare un 4411, con Lazovic dietro a Pandev e
Laxalt e Ntcham, che hanno un minimo di gamba in più (uno perché leggero,
l’altro perché buono) sulle fasce.
Invece, come ci si attendeva, Mago G non rinuncia alla difesa a 3, esponendo
Cissokho al pubblico ludibrio di un
ruolo non ancora assimiliato e Laxalt a qualcosa che non gli apparterrà
mai.
La trovata, se vogliamo, è il francesino del City che giostra in mezzo, agendo
talvolta da falso nueve, talvolta da reggi baracca. Pandev sulla fascia ha la
verve del peggior Gasparetto e Lazovic cerca di fare peggio, facendosi trovare
solo quando nessuno lo cerca.
Fortunatamente Tino Costa sa prendere in mano quel poco che resta della squadra
e il Palermo del caro Iachini, dopo Carpi e Frosinone, è la migliore squadra
che potessimo incontrare.
Senza attaccanti, senza regista e senza condizione, con l’estroso Vazquez
sostenuto da onesti mestieranti bulgari, macedoni, svedesi terroni, libanesi
con passaporto uzbeko, mauritani senza passaporto, più due campani.
Il Grifone dura mezzora e poi si scioglie come un gelato di similcioccolato al
caldo umido della Trinacria vespertina.
Basta una mossa tattica di un luminare riconosciuto della panchina il cui
berretto nasconde probabilmente il topo Ratatouille del calcio, che il Grifone
dello stratega numero 1 del football mondiale va in fusella anche tatticamente.
Il primo tempo si conclude con qualche affanno di troppo e la ripresa si apre
ancora peggio.
Sale la fatica e la squadra si allunga e si schiaccia come il bandoneon di
Astor Piazzolla, coetaneo di Burdisso e autore di “Adios Nonino”, una speranza
o al limite un consiglio di smetterla con la grappa, e dell’attualissima
“Oblivion”.
Nonostante il calo, le prediche nel deserto di Tino, la buona volontà di Ntcham
e il miglioramento di Cissokho che ritrova la sua naturale posizione di terzino
destro e da il meglio di sé, se davanti avessimo un attaccante qualunque,
invece di un molle stempiato girovago con la pancetta e il desiderio di passare
gli ultimi due anni della sua carriera in un luogo tranquillo, possibilmente
biservizi e vista mare, potrebbe anche andare bene. Ma a Goran piace sparare
addosso ai portieri, che gli ricordano le tortore di Skopjie, o forse le
scopate di Tortona. Ci ha già provato due volte nel primo tempo, si ripete nel
secondo.
Tutto questo è il Genoa offensivo, il resto è offensivo solo per il gioco del
calcio.
Inserire un Capel che non si è mai allenato contro un Lazovic assente ma
comunque sano, è un azzardo che va ad aggiungersi trionfalmente alla collezione
di minchiate del Gasp alla prima di campionato.
Togliere Costa e non Pandev per inserire un giovane attaccante, è il colpo di
grazia.
Il resto, come detto, lo fanno i decani della difesa che dovremo sopportare da
qui alla fine dell’anno.
Perché De Maio può partire domani, Izzo anche a gennaio, ma nonno e zio li può
chiedere solo il Padreterno del calcio, o un appassionato di vini andati in aceto.
(pubblicato in anteprima su www.grifoni.org)
Nessun commento:
Posta un commento