sabato 12 settembre 2015

FIORENTINA-GENOA 1-0 Il commento del Beccioni: "PROFONDO VIOLA"


Profondo Viola.
Al comunale di Firenze va in scena un Genoa horror, che si fa pugnalare una sola volta e non riesce mai a ferire l’avversario, con una sterilità offensiva endemica e prevista, ma davvero desolante.
Il viola è un colore secondario, composto dall’unione del rosso e del blu.
Anche questa sera i viola per imporre i loro colori hanno avuto bisogno dello scioglimento dei due colori. Una fusione a freddo che è risultato naturale, quasi matematico, di aver giocato con l’uomo in più per 70 minuti. Poi l’espulsione di Badelj, che ha riequilibrato le cose. Noi con Pandev in campo, loro finalmente come noi con l’uomo in meno.
In superiorità numerica, la Fiorentina ha fatto gioco in maniera mediocre, affidandosi al cervello e al mestiere di Borja Valero, che a storpiare il nome gli si fa sempre un favore, a lui e a mammeta. Con Pepito che non gioca dai tempi di Letta presidente, il giovane Duccio della Bernardesa che se è il nuovo che avanza stiamo freschi, e Paracar, non sembrerebbero fare del male, se noi potessimo schierare una squadra decente.
Invece ci presentiamo con JetLag Rincon che per un’ora vaga per il campo spaesato cercando Isla e un Margarita, e trovando solo i polpacci di Borja e Vecino, Tino Costa più lento e defilato del solito e Ntcham dal quale forse si pretende un po’ troppo. Senza stare a guardare il Capel.
Così le cose meno peggio arrivano dalle fasce, dove Laxalt dimostra di volersi imporre, pur in un ruolo non suo, dimostrando abnegazione, spirito di sacrificio e palle ancora troppo giovani per mandare a cagare il Vate.
Dall’altra parte, Hiram Bullock Cissokho fa davvero il possibile e anche di più, considerato che con 500 mila euro ci comperi Falletti della Ternana o Mammarella del Lanciano. A fine partita risulteranno i migliori in campo.
Davanti, l’horror vacui.
Due ottantenni con una buona pensione ma senza l’idea di dove siano i lavori in corso da andare a vedere. Due umarelli tristi che non riescono ad accattare un pallone nemmeno durante un paio di saldi di fine estate di Astori e Tomovic. Clamoroso il pallonettino aziendale del macedone sull’unica occasione che un tempo un piede come il suo avrebbe tramutato in qualcosa di meglio e che invece ci lascia a reti inviolate all’intervallo.
Il George Romero della panchina, Mago Gasp, dopo aver spostato il francesino del City da ala alla Kucka a mezzala alla Kucka, a falso nueve alla Perotti, a dovecazzovuoitu, non si schioda dal 3-6-1 transgender e continua a contare i giocatori in campo per capire se sono davvero undici o almeno due si sono dati.
Come ci si può attendere, la Viola di settembre, confortata da tanta pochezza avversaria, spinge un po’ di più nel secondo tempo e il rossoblu in campo inizia a mescolarsi con il nulla della tavolozza verde del Comunale.
Varcare la trequarti è come un valico appenninico affrontato in monopattino, rifornire Pandev non varrebbe la pena nemmeno si vedesse in lui un’oca da paté.
Inevitabile la marcatura di Paracar, con De Maio che ancora risente della spalla e Burdisso che preferisce il culatello.
Subito dopo, l’orrore della partita propone due decisioni abbastanza indecifrabili: l’espulsione di Badelj (fin troppo severa) e la sostituzione di Tino Costa (anche da fermo, meglio dell’attuale Capel).
Con la ritrovata parità numerica, pur con il fantasma macedone e un mezzo macedone che ancora non ha capito dove gioca e chi sia Gasperini, non riusciamo a fare un tiro in porta.
L’ingresso di Perotti riporta superiorità presunta. Si vede quel che potrebbe essere in futuro: prediche nel deserto e predicatori al dessert.
Al fischio finale ci si può giusto affidare al significato letterario del termine “orrore”:  
Sostantivo maschile [dal lat. horror -oris, der. di horrere (v. orrido)]. – letter. Senso di sbigottimento ispirato dalle tenebre, dall’oscurità: un solitario orrore d’ombrosa selva mai tanto mi piacque(Petrarca); all’orror de’ notturni Silenzi si spandea lungo ne’ campi di falangi un tumulto e un suon di tube (Foscolo).
Con le tenebre in attacco e oscurità di modulo, attendiamo l’ombrosa selva di tre partite facili. Per ora nessun tumulto, siamo quel che siamo e le tube del giudizio sono ancora lontane, tanto vale pensare a quelle di falloppio.
Pensando alla ripresa di Perotti, al ritorno di Pavoletti e della sua contagiosa voglia, ripieghiamo sull’ accezione particolare di questo “orrore”: 
sacro orrore (e, meno comune, orrore religioso), sentimento misto di superstizioso terrore, di rispetto e di venerazione ispirato da luoghi in cui si sente la presenza della divinità; nell’uso odierno, l’espressione sacro orrore è per lo più adoperata in tono scherzoso per indicare avversione (soprattutto per ciò che non è in sé un male): ha un sacro orrore dell’acqua, di persona che è poco amante della pulizia o anche di persona a cui piace molto il vino.
Ecco.
Salute, Genoa!

1 commento:

Anonimo ha detto...

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