Mozzarelle
rossoblu in Ciociaria.
Nei giorni scorsi il nucleo antisofisticazioni della polizia di Frosinone ha
operato uno dei sequestri più importanti di latticini scaduti in zona.
Non immaginavano che di domenica ci sarebbe stato da intervenire nuovamente,
con una partita di roba invendibile arrivata da Genova.
Non è una bufala, in primo piano nello scaffale del Matusa, in offerta sono
arrivate le graziose palle mosce a ciliegine Gasperelle, quella burrata di Tino
Costa e la pasta filata da pizza della difesa.
Non basta la novità Lazovic, peraltro migliore in campo con due assist come
bocconcini per Pavola Affumicata e Gakpé. Treccia Laxalt e delizia Perotti
iniziano ad avvertire la stanchezza del dover essere palindromi e dannarsi
l’anima stanca, specie se non arrivano i risultati.
Il Gasp migliore senza dubbio è quello in gabbia, dopo la sua espulsione il
Grifone tira fuori gli artigli, complice anche la prevedibile stanchezza di un
Frosinone che nel primo tempo ha pressato come un confezionatore di sottilette.
Lui urla dalla trincea ciociara, ma la squadra fa finta di non sentirlo.
Stavolta spavaldo all’inizio, con un 343 sulla carta offensivo, perché il Genoa
mica può presentarsi nella provincia laziale con umiltà, manco avesse perso in
quella toscana…
E dire che, come nel capolavoro cinematografico di De Sica, tutto era iniziato
nel migliore dei modi, come quando Cesira incontra Michele. Lazovic se ne va a
spasso per Fondi e Pavolosky fa il
partigiano polacco della situazione.
Ma le grane iniziano presto. Invece di far girare palla, di far aprire le
maglie e i cacio ricotta avversari, il Genoa senza palle del Mago arretra come
i villani frusinati davanti ai tedeschi, per poi essere violentato due volte.
Ci si mette anche l’arbitro Calvarese, che ricordiamo per l’invenzione di un
penalty al sapor di mascarpone per il Napoli nella scorsa stagione, estraendo
nel giro di pochi minuti due cartellini per lo squinternato De Maio, che al
rientro fa rimpiangere Armandino, ma anche Granqvist, Portanova, Ranocchia e
quasi quasi Gamberini.
Blanchard, vecchio allievo di Gasp, ricorda anche che un tempo c’era Mino
Francioso e si esibisce in una funambolica rovesciata da terra. Colpo di
fortuna, ma Perin aveva già sfornato un mezzo miracoloso focacciozzo e il peggio
sarebbe arrivato poco più tardi.
Rosetta, dopo essere stata vittima del primo stupro, decide di darla a un
camionista che assomiglia il modo impressionante a Ciofani.
Ecco il fallo appena fuori area del francese, la punizione con rimpallo e
qualcuno che come sempre tiene in gioco un avversario. In questo caso Diakhité
che infila una scamorzella a un nervosissimo Mattia, che è di Latina e forse se
ne ricorda.
Il primo tempo finisce qui, e per fortuna, perché palle mosce come al solito
non riesce a dare la carica nemmeno all’orologio da polso del nonno. Il 351 con
Perotti e Laxalt terzini e Lazovic unico che può correre dalla cintola in su
per far male, risente del camminamento Costa e della fascite plantare
venezuelana. Con l’inserto di Gakpé e l’allontanamento del Mago ingabbiato,
ecco uscire l’orgoglio rossoblu, che riesce quantomeno a raddrizzare la
situazione.
Il bicchiere mezzo pieno dice seconda trasferta senza sconfitte, quello mezzo
vuoto ricorda che non è ancora arrivata una vittoria in trasferta, e tolta
forse la Fiorentina, abbiamo giocato contro squadre mediocri. Resta il fatto
che quel che c’era nel bicchiere fa sempre abbastanza schifo.
Che la sosta dunque riavvicini Cesira e Rosetta, che se deve faccia posare
definitivamente il calabrone sulla merda e soprattutto faccia capire al Regista
di questa fiction itinerante che non è Vittorio De Sica e spesso somiglia al
figlio Christian nelle sue dimenticabili interpretazioni.
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