lunedì 2 marzo 2009

COME NASCONO LE LEGGENDE MALINDINE: "VERONICA LARIO WAS HERE"

Mai come quest’anno Malindi e la costa keniota hanno suscitato interesse dei media nazionali per l’affluenza di Very Important Persons. Politici, uomini di sport, spettacolo, cultura (poca) e mondanità (tanta) hanno fatto parlare di sé tra noci di cocco, aragoste e barriera corallina. Ma a Malindi, vip o non vip, basta poco per creare le leggende. Con un po’ di sole in testa, suggestione da passion juice ed erbe di savana, puoi vedere chiunque e diventare tu stesso un’agenzia stampa del gossip.
Eccovene un esempio.

La semiresidente similbresciana era esaltatissima.
Aveva riconosciuto la signora mezza abbronzata mezza ingioiellata mezza ritoccata mezza leopardata e mezza rintronata “dico io, due ore e mezza per scegliere un paio di tessuti…” che era appena uscita dal negozio del sarto Sharif Shabir Rashid Amin Sashim…”non mi ricordo mai come si chiama…”
Ma sì, era proprio lei, non ci si poteva sbagliare!
”Voglio ordinare per mio marito gli stessi pantaloni lunghi che ha fatto fare la signora, con quella fantasia lì…o sono bermuda…”
Ci pensò un attimo, valutò l’altezza di suo marito e quello del marito della signora.
“No, sono pantaloncini corti…”
Poi prese in mano il cellulare e compose un numero in fretta.
“Tafadhali, nambari ya piga simu apatikani qwa sasa…”
Ma vaff…
Magari è la fretta, avrò sbagliato a digitare.
Infatti.
“Tesooooro, Deda sei tu? Non puoi capire chi c’era qui da Shabrifschidamin un minuto fa! La Veronica Berlusconi! Ma te lo giuro…a Malindi, pazzesco… eeeehh ma è un po’ invecchiata, eh? Sì, sì, ha sempre il suo bel davanzale…ma si vede che è rifatto…come le labbra…no, nonò…un vestitino bianco semplice…ha preso dei pantalon…cini da uomo, ma allora dico io ci sarà anche Silvio, no? Ma saranno da Briatore? Oh, mamma mi prenoto subito una settimana di cure di bellezza, così me li frequento…”
Infilò il cellulare nella borsa, ma nell’euforia scelse quella appesa perlinata, al posto della sua. Acquistò senza farci caso anche un kikoy, tre parei, due pigmei e sei copri-zebedei.
Pagò e uscì di fretta alla ricerca di Veronica, inciampando in un questuante ubriaco di mnazi e finendo addosso a un boda-boda.
“Twende!”
“Non ho bisogno di tende, grazie”
“Dove porto bella?”
“Portobella? Che m’hai preso per un pappagallo? E levati di mezzo…”
Veronica aveva appena voltato l’angolo.

Deda tornò verso la piscina costeggiando il vialetto di buganvillee, prese in mano un bicchiere di roba colorata e sorrise agli ospiti.
L’ora dell’aperitivo in piscina, in Africa, è incantevole, ma senza l’aperitivo in piscina sarebbe solo un’ora e basta. Per di più in Africa.
Si avvicinò al bordo e sciolse il pareo, per poi riannodarlo più lasco.
“Mi hanno chiamato da una boutique…non indovinerete mai chi c’è a Malindi…”
“Uomo o donna?” lanciò una bionda sui sessanta con la pelle abbrustolita.
“Coppia!” ammiccò la Deda mordicchiandosi il silicone.
“Totti e Ilary!” urlò un grassone di Pomezia che affondava la manona in un vassoio di samosa.
“Ma nooo, il Pupone è a Chale Island a fare i fanghi…poverino, sta male…” disse un’ex bomba sexy che era rimasta solo bomba, cercando approvazione dal marito giornalista, che seguiva in trance le forme della giovane donna delle pulizie che riportava nella casa padronale la biancheria stesa.
“Macchè, di più…” disse la Deda.
“Brad Pitt e la Jolie” fece l’Angelica, salendo le scalette e controllando che le sue natiche uscissero dall’acqua insieme al resto del corpo.
“Ancora di più…”
“Ma poi quelli non vengono più in Kenya… lei preferisce la Namibia” disse l’abbrustolita.
“Che c’è un mare di merda” disse l’Angelica recuperando le chiappe.
“E perché qui? Siamo mica in Costa Smeralda, cocca…”
”Ma ci sono le aragoste a dieci euro al chilo…”
“Dai, fàmola finita – grugnì il grassone – chi ce sta?”
“DADADAM! C’è la Veronica… e sembra anche Silvio!”
“Ma noooooooooo!”
“Davvero?”
“ E dove?”
“Mah, da Briatore… dove sennò?”

La similbresciana si liberò del boda boda, lasciando mezzo vestito tra i raggi della ruota posteriore, evitò un tuk-tuk in frenata zigzagante e raggiunse l’altro lato del marciapiede.
L’inserviente del negozio di utensili stava riportando le bacinelle colorate all’interno. Per fare un viaggio solo le aveva impilate in una colonna unica, alta ben più di lui.
Potè solo avvertire la furia bianca che lo travolse, mentre effettuava una virata di centottanta gradi.
Fu un tripudio di catini, che arrivarono anche in strada, su un pick-up e addosso al passeggero dietro di una motocicletta, che ne prese uno al volo e se lo portò via.
L’inserviente non fece caso al suo polso slogato, contava le trattenute sullo stipendio.
Trecento scellini a bacinella, fanno almeno mezzo salario.
Passò un altro tuk-tuk.
“Sciaaak”
Un altro pezzo di stipendio.
La similbresciana gli rovesciò in testa i catini restanti, gracidò qualcosa nella lingua ufficiale di Malindi e riprese la sua corsa.

Il giornalista marito della bomba si era già asciugato, diede una sorsata veloce al cocktail e recuperò il cellulare.
“Parlo con la redazione?”
L’abbrustolita chiacchierava invece contemporaneamente con due persone, e teneva un terzo telefonino in mano, pronto per l’uso.
Il grassone, fischiettando l’inno di Forza Italia, componeva a sua volta un sms.
La Deda cercava suo marito, roba che a quell’ora non lo faceva mai ma proprio mai.
E lo sapeva bene anche la donna delle pulizie.
Questa volta le era andata bene…roba di cinque minuti e la stessa mancia di quando è mezzora.
“Gilberto…c’è Silvio, c’è Silvio…come si chiama quel suo consigliere che conosci bene? Prova a chiamarlo…magari è qui anche lui…”
“Ah…arrivo cara…”
La voce (non quella del marito della Deda con la donna delle pulizie) si diffuse per tutta Malindi in un quarto d’ora.

La similbresciana aveva svoltato l’angolo.
Entrò nel primo negozio ma vi trovò soltanto, nell’ordine: un vecchio indiano addormentato che usava la barba bianca come cuscino, il commesso che rovistava con perizia con il dito medio nel suo naso e un bambino olivastro di sei sette anni che faceva i conti e consegnava lo scontrino a un turista tedesco.
Uscì di fretta, si liberò con una gomitata degna di Materazzi di un cambista in nero, entrò in tackle scivolato su un beach boy con la maglia del Manchester United e saltò a piè pari i tre gradini che la riportavano in strada. Poi la vide!
Veronica era uscita dalla gioielleria.
Madonna se era lei!
Alzava il braccio come per chiamare qualcuno, probabilmente l’autista.
Bisognava fare in fretta per bloccarla. Solo un attimo, presentarsi. Ringraziarla. Di che? Di essere a Malindi…di essere la First Lady.
La similbresciana vide passare un tuk-tuk verde pisello. Un ragazzotto locale coi capelli da rasta lo fermò e fece segno a Veronica di avvicinarsi.
Ma cosa voleva fare quell’energumeno con la signora Berlusconi?
Bisognava assolutamente fermarla!

Mohamed se l’era promesso: domani vado da mio cugino Bakari a riparare questi dannati freni.
Per fortuna con il tuk-tuk è sufficiente andare piano e avere sempre la prontezza di riflessi per sgattaiolare via, quando ti trovi davanti un ostacolo.
Ma un ostacolo improvviso come un baule di donna muzunga in mezzo alla stretta stradina della città vecchia, Mohamed non se l’era mai trovato davanti.
Con una fila di auto parcheggiate da una parte, i gradoni del marciapiede dall’altra e un tuk-tuk fermo davanti, non puoi né accelerare né tantomeno scartare di lato, per evitare il baule.
L’impatto fu abbastanza violento, ma Mohamed con l’aiuto di Allah riuscì a contenere i danni, andando in testacoda e spogendosi dall’abitacolo come un esperto velista su un trimarano.
Con il piede d’appoggio e una mano teneva il tuk-tuk in posizione verticale, con l’altro piede assestò un calcione nel fondoschiena alla muzunga, evitando così che sbattesse la testa sul mezzo.
La vide rotolare come un sacco di farina di mais in mezzo alla strada e terminare la sua corsa contro un cambista in nero che era già a terra per conto suo, con il naso sanguinante.
Lei invece, prima di provare a rialzarsi e capire che le fratture erano più di una, vide Veronica baciare il rasta, consegnargli le borse della spesa e salire sul tuk-tuk verde pisello.
Con un forte accento napoletano la sentì urlare al conducente: “Raaafiiiiki, portamaccasa. Stongo alla Biringani House, a Majengo. Haraka Haraka, uagliò!”.
Non trovò nemmeno il cellulare nella borsa per avvertire la Deda.

Dopo poco meno di un’ora l’Ansa di Roma batteva la notizia:
"Veronica Lario fa shopping a Malindi. La moglie del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è stata vista nella località turistica keniana. Secondo fonti ben informate sarebbe ospite della coppia Briatore-Gregoraci. Il premier invece si trova a Villa Certosa, in Sardegna."
La smentita ufficiale di Palazzo Chigi arrivò prima della similbresciana in ospedale a Mombasa. Ma ormai era troppo tardi. Per Malindi ufficialmente Veronica Lario Berlusconi ha passato qui le vacanze di Natale ed ha fatto acquisti in un negozio di tessuti e in una gioielleria.
Perché a noi, qui, non sfugge mai nulla…

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie, mi hai fatto ridere e dopo aver riso sto proprio bene!
Ade