giovedì 1 ottobre 2009

COMO, CHE DIVENTA IMPORTANTE QUANDO L'ABBANDONI (per "Leitmotiv")

Pur essendo nato a Milano e avendo vissuto parecchi anni a Como, mi sono sempre considerato un uomo di mare. Sarà per l’infanzia ligure, sarà per l’affezione alla scuola cantautorale genovese, il tifo per la squadra di calcio più antica e gloriosa d’Italia. In realtà del mare ho sempre amato gli infiniti spazi, l’apertura totale dell’orizzonte ottico. In Liguria, l’apparente chiusura e ritrosia della gente, nasconde in realtà una naturale visione “oltre”, un abitudine alle distanze anche mentali.
A Como c’è il lago. Scenario d’incanto, non c’è che dire. Ma costretto, recluso tra alte montagne che offrono piccola porzione di cielo e non lasciano mai intravvedere la linea dell’infinito.
La chiusura della gente qui non è una scelta, ma un limite. Non ci vuole coraggio ad andar per lago, come invece per chi s’imbarca in un porto di mare. Qui chi ha coraggio ha preso la via delle montagne e spesso non torna.
Personalmente, a Como ho legato la mia carriera professionale. Sono arrivato che ero soltanto uno scrittorucolo praticante e sono diventato un giornalista fatto e finito. Nella quiete di Palanzo prima, di via Giovio e Maslianico poi, ho scritto una decina di libri e composto l’album musicale d’esordio che tante soddisfazioni mi ha dato. Le migliori opere nascono sempre da grandi depressioni, diceva qualcuno. Non posso negare che il territorio Lariano umanamente mi abbia lasciato poco e abbia rovistato in me utilizzando strumenti da lento scasso come la noia, l’incomunicabilità, la delusione.
Se ti lasci andare, sei perduto. Il lago ti ricopre il cuore di patine algose e arrugginisce i meccanismi del sistema nervoso con la sua umidità. Eppure tutto ciò può trasformarsi in forza centrifuga, può sublimare in arte. Quando la tua condizione fa a botte con il mai domo amore per la vita, ecco che la vera natura esce allo scoperto. Allora posso dire che a Como sono diventato saggio, sono diventato uomo. Ho conosciuto la donna che sarebbe poi divenuta mia moglie, ho lavorato a progetti interessanti. Cose che magari, davanti al “mio” golfo del Tigullio, non avrei fatto, rapito dall’ipotetica via di fuga.
Ecco cosa succede. A Como ti senti braccato, per questo reagisci!
Perché la Città Murata è affascinante, è storia ma non così palese come quella romana o come il rinascimento fiorentino. E’ storia oscura, misteriosa, da provincia dell’impero o da colonia di villeggiatura di nobiltà in odore di caduta. Il centro storico di Como nasconde segreti che potrebbero catturarti, se qui la storia non si fosse suicidata per troppo pudore. A Como è difficile scavare, è quasi impossibile farsi raccontare. Sembra che ognuno nasconda chissà quali collezioni di ossa in cantina, quando invece basterebbe vergognarsi un po’ meno.
Ho conosciuto e intervistato uomini di cultura, scienziati e artisti vari che hanno lasciato il Lario in giovane età e ora ammettono di capirlo e amarlo di più. “Torno ogni due anni per un paio di settimane – mi ha confidato un imprenditore che abita a Miami – e non immagina quanto mi faccia piacere. Ma guai a fermarmi più a lungo”. Ho trovato qualcosa in comune, negli sguardi e nelle parole di queste persone. Non vorrei sbagliarmi, ma tutti loro in un certo qual modo ringraziano Como di avergli fatto conoscere i propri limiti e di aver dato loro la forza di andare via, di guardare oltre il lago e le montagne.
Io che non sono di comasca progenie, i miei limiti già li frequentavo e sono andato e tornato tante volte da molti luoghi, ma mai mi sono fermato sette anni in una stessa città. In quegli anni mi sono accontentato dei pochi amici che ho incontrato e che lo rimarranno e dei pochi segreti che sono riuscito a carpire a questa cittadina. Non c’era altro da fare, dopo aver scavato e scavato, che tornare al mare. Ringraziando eternamente Como, che me ne ha fatto apprezzare sfumature dimenticate. Ora so come riconoscere la noia, la depressione, l’incomunicabilità, anche davanti all’orizzonte infinito. Dall’Africa, mio nuovo approdo da quattro anni a questa parte, un rispettoso saluto e un grazie.

Per il periodico LEITMOTIV

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