sabato 14 novembre 2009

KENYA 2050

Il viaggio era stato abbastanza disagevole: le hostess robot della Pterodattil Travel erano andate in corto circuito, una dopo l'altra, un paio d'ore dopo il decollo.
Soliti inconventienti dei viaggi lowest-cost.
Dapprima avevano iniziato a servire il the e il caffè bollente, con il solito getto dal dito indice della mano (destra caffè, sinistra the), addosso ai passeggeri invece che nelle tazze.
Poi a una di loro si è invertito il programma dello sparecchiamento veloce con quello dell'intrattenimento erotico per i clienti della Superfirst class.
Ne aveva fatto le spese un pensionato in astinenza da viagra, che a momenti ci restava secco, mentre dalla testa dell'aereo si sentiva una erre moscia reclamare: "mettiti quella forchetta nel culo, brutto ammasso di lamiere". Certo che se vuoi i servizi della superfirst, non dovresti viaggiare con i charter. E' come andare a mangiare il sushi al fast food.
"Mi dia un Mac Samurai, per favore..."
Mentre le cuffie digitali proiettavano nella mente l'ultimo James Bond, "Operazione Granita" in cui l'agente segreto è alle prese con lo scioglimento del Polo Nord, due stewart meccanici si inseguivano tra le poltrone, armate di scopettone strappando tutte le mascherine per l'ossigeno e parlando contemporaneamente sette lingue in stile "L'Esorcista".
Alla fine per i viaggiatori era stato quasi un sollievo vederli cadere con fragore di metalli e qualche ronzio di resa. Il volo era proseguito tra spuntini self-service e le assicurazioni del comandante quattordicenne John Katana Baraghelli:

"Benvenuti su "Pterodattil Commander", l'aerogame di realtà reale. Oggi abbiamo scelto la rotta C, stiamo giocando a livello di difficoltà medio e all'altezza del Sudan riceveremo un bonus di 30 mila chilometri che porterà il Comandante di questo velivolo in sesta posizione nella graduatoria mondiale Online dei piloti di charter. Ci scusiamo per l'inconveniente delle hostess robot, al ritorno vedremo di rimediare proponendo un concorso a premi con la possibilità di un viaggio sulla scialuppa-shuttle sopra le piramidi d'Egitto, con scalo nell'oasi virtuale di Luxor".

L'alba sul Kilimanjaro innevato fu uno spettacolo che ci colse impreparati. Ah, questo vecchio pazzo mondo!
Tutto quel bianco accecante e il fucsia striato del cielo fecero stropicciare gli occhi di chi si risvegliava e modulare flebili suoni di stupore.
Indirizzai il finestrino ottico in direzione delle pendici della grande montagna e attivai lo zoom.
Vidi cervi, daini, lo stambecco reale, l'orso bianco e le tracce dello Yeti Masai. Per chi fosse riuscito a fotografarlo, c'era in premio una fotocamera digitale da 98 megapixel.
La neve ricopriva in parte anche il parco dell'Amboseli. Mi avevano detto che ci sarebbe stato pericolo di ghiacciate, andando a Malindi in gennaio, ma io avevo scelto questo viaggio per vedere gli animali più rari: l'arrivo della lince maculata in savana, il leone da spiaggia, la giraffa domestica, i bambini somali obesi, l'imprenditore onesto di Nairobi e le altre specie mutanti del terzo millennio africano.
A me della tanto decantata Atlantide dell'Oceano Indiano dall'enorme cielo-soffitto di corallo, non importava un granchè.
Sbarcammo all'aeroporto di Mombasa alle sette. Il rullotrasporto si era bloccato, quindi fummo costretti a camminare con i bagagli, recuperati con la case-card dal ventre dell'aereo, per duecento metri lungo un bracciotunnel con temperatura inferiore allo zero.
L'inverno africano non scherza per niente.
Nelle capsule-dogana invece il riscaldamento funzionava a palla. Come al solito i raggi infrarossi mi spogliarono, mi esaminarono e trovarono qualcosa che non andava.
Una boccetta di collirio e la lima per le unghie.
Si accese una luce blu ad intermittenza e partì un suono arabeggiante di sirena.
Mi sentivo all'interno di un jukebox. Arrivò l'ufficiale di dogana, un uomo di colore mingherlino che si muoveva su un monopattino elettrico con il visore a cristalli liquidi.
Mooolto lentamente.
Comunicò attraverso il monitor, senza aprire la capsulona in cui ero prigioniero.
"La boccetta è contro le regole, non si possono trasportare corpi liquidi" mi disse in italiano, con vago accento brianzolo.
"Ma non è un alcolico, è una medicina"
"Nemmeno le medicine, se sono liquide, furbetti!"
"Sorry - feci io - non lo sapevo. E poi non esiste il collirio in polvere"
"Impossibile che lei non lo sapesse – disse l'ufficiale, ancora nella mia lingua e con inflessione sempre più lombarda – anche i pirla come te ne sono al corrente, il collirio te lo puoi comperare a Mombasa".
"Questo è speciale, è per proteggere dalle polveri semi-sottili. Poi ormai la boccetta passata, non è più pericolosa"
L'ufficiale tornò professionale.
"Vero signore, ma c'è questo coltellino"
"E' una lima per le unghie"
"Coltellino"
"Lima per le unghie"
"Può ferire"
"Le unghie..."
"Quanto mi dai?"
"Tienitela"
"Sicuro?"
"Sicuro"
"Ti trattengo anche la boccetta"
"Venti euro"
"Buona permanenza in Kenya"
"Grazie"
E' bello constatare che, malgrado questo pianeta sia irrimediabilmente nella merda, certi valori fondamentali di cui gli esseri umani sono meravigliosi latori, non si perderanno mai.
"Mi raccomando, si copra che fa freddo!"
La capsulona si aprì e io finalmente guadagnai l'uscita dell'aeroporto, pronto a vivere una delle ultime avventure della mia vita.

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