martedì 17 novembre 2009

L'UOMO DEL GALANA RIVER

A me Serse Cosmi ricorda Karisa.
Sarà per quel cappellino della Ken Gen, la società elettrica nazionale, calcato sulla testa tonda e bitorzoluta come fosse quello dei Baltimore Orioles, sarà per la faringe tonante come un subwoofer o chissà per quale altro motivo. Anche perché Karisa di calcio non ha mai capito un accidente.
Oddio, per la vita che fa non è fondamentale. L’entusiasmo che ha è più importante delle sue attitudini, la capacità di convincere gli altri che i suoi metodi sono vincenti è diventata un marchio di fabbrica. Per intenderci, Karisa è uno che sta un pomeriggio al bar senza bere nemmeno una tusker, che non sai se la gente gli è amica, lo rispetta o pensa che sia un coglione.
Il villaggio in cui è nato si appoggia dolcemente su un lento declivio argilloso che va al Galana, il grande fiume della Savana. Durante la stagione delle piogge non ci va solo il declivio, ma anche mezzo villaggio, con i coccodrilli ad attenderlo fiduciosi, come un anniversario di nozze, il ricordo di un banchetto indimenticabile. Ogni volta le capanne vengono ricostruite nello stesso punto, nonostante in Kenya non esista la speculazione edilizia e non si sia ancora rivelato Bertolaso.
E’ che gli altri spazi sono occupati dai campi coltivati. Mais, pomodori e spinaci sono la vita di ogni giorno, quindi ben più importanti della morte di un giorno all’anno. Così, tanti anni fa, se n’è andato anche il padre di Karisa. Lui passava ore sul fiume a pensare a cosa avrebbe fatto da grande, perché il lavoro del babbo, nella fabbrica di cemento di Bamburi, proprio non gli piaceva.
Così Karisa, sulle rive del Galana River, ha iniziato a parlare con i coccodrilli che si sono mangiati suo padre. Sarà stato per il tono di voce unico in tutta la Savana, certo più animale che umano o per i discorsi violenti e diretti come l’agguato d’un leone, ma a poco a poco Karisa è riuscito ad addomesticare i coccodrilli.
Qualcosa gli diceva che il risultato raggiunto non avrebbe rappresentato soltanto un modo per non pensare alla precarietà della vita, ma che poteva diventare uno stile di vita, e anche un mestiere.
La voce si sparse in poco tempo. Dopo qualche anno Karisa aveva sotto di se una decina di coccodrilli che rispondevano alle sue sollecitazioni, come se invece di essere in un angolo sperduto di foresta all’equatore fossero nell’arena umida e polverosa di un circo finto-esotico in una vigilia di Natale della bassa padana.
Così la “Snake and Crocodile Farm” di Malindi lo ha voluto come attrazione principale per i suoi spettacoli pomeridiani. Centinaia di turisti ogni giorno hanno assistito per anni alle evoluzioni dei coccodrilli e hanno fotografato la sua mano nelle fauci aperte, il rodeo cavalcando il più ribelle, fino ai giochi estremi.
Karisa mi ricorda Serse Cosmi, e non solo fisicamente.
Sarà che da quei coccodrilli selvaggi e irascibili non ti saresti mai aspettato nulla di buono, figuriamoci lo spettacolo. Sarà perché è la sua anarchia intellettuale e logistica a spiazzare, e il suo carisma ad aver convinto gli anfibi a stare al gioco.
Nessuno conosce il segreto di Karisa, così come in pochi provano ad analizzare le doti di Cosmi.
C’è chi dice che di nascosto faccia bere loro il vino di palma prima delle esibizioni, che ormai i suoi cocchi sono “palm-wine-addicted”, ma negli spettacoli africani non c’è l’antidoping.
Karisa ha voluto fare il grande salto. Attratto dalla popolarità, più che dal guadagno, si è trasferito al grande “Croco-Park” di Mombasa. Gli hanno dato nuovi coccodrilli, si è portato dietro solo il vecchio Bango, quello che sembra ridere sempre. Pubblico più vasto, una piazza calda, turisti da tutto il mondo. I primi mesi sembrava che i nuovi amici rispondessero alla grande, poi lui è rimasto attratto dalla vita notturna della grande Mombasa, dalle mille attrazioni della costa. Forse si è sentito appagato dall’essere un personaggio e ha trascurato i suoi amati coccodrilli.
Chissà, se quando ha perso il lavoro si è reso conto che erano stati proprio loro a dare un senso alla sua vita, e non viceversa. Che il timido e pensieroso ragazzo che passava interi pomeriggi sulle rive del Galana o al bar senza bere non aveva sogni che non avessero squame, denti aguzzi e lunghe code. Per un po’ di tempo di Karisa si sono perse le tracce. Qualche spettacolo qua e là, a Kilifi, Diani, brevi performance anche al Nord.
Il suo villaggio è tracimato per metà lo scorso giugno, ma lui non era lì. E’ arrivato subito dopo e si è messo a rifare di fango e sterco la capanna che da tanti anni non ospita che qualche parente.
Tra una fatica e l’altra, è tornato sulle rive dell’amato e odiato Galana. I coccodrilli sono sempre lì e con i più giovani ancora riesce qualche trucco. Dai, che si fa la squadra e si ritorna a Malindi…
Domenica andrò a trovare Karisa. Sono certo che lo troverò in forma, pieno d’entusiasmo. Parlerà del passato come di una grande occasione vissuta, di un pulmino che lo ha raccolto in Savana e gli ha fatto girare il Paese, come di una fortuna inestimabile di cui ancora, quando si sporge, riesce a sentire il profumo. Lo farà senza rimpianto ma, io lo so, sotto i bassi naturali del suo vocione e negli angoli di argilla degli occhi, salirà un’ombra di malinconia.

per Grifoni In Rete (www.grifoni.org)

Nessun commento: