domenica 19 dicembre 2010

TERZA ETA' IN TERZO MONDO: A MALINDI SI INVECCHIA BENE!


A Malindi si invecchia bene, non c’è che dire.
In questa grande botte di rovere climatizzata sull’Oceano Indiano, nel sud della prestigiosa cantina “Kenya”, apprezzata per il gusto selvaggio e agrodolce dei suoi prodotti, i retrogusti retrodatati, le etichette avventurose e l’infinita scelta di bouquet, continuano a maturare annate umane che in Italia sarebbero andate già da tempo all’aceto.
Allo stesso modo, è doveroso ricordarlo, ci sono anche numerose “gran riserve” di aceto che tentano l’avventura del “balsamico africano”, ma spesso rimangono buone solo per disinfettare le ferite dell’anima, del cuore o di uno dei pochi punti dove non batte il sole.
Malindi, luogo divino, anzi di vino, se vogliamo proseguire nella metafora.
Un tempo i pensionati italiani, per svernare e poi trasferirsi sempre più mesi all’anno, sceglievano mete meno esotiche e più vicine, fidando nella scelta economicamente più oculata e nei migliori servizi. Così per i milanesi era Rapallo, per i torinesi Pietra Ligure, per i fiorentini Forte dei Marmi o Cecina, per i bolognesi i Lidi Ravennati, per i romani un po’ dove capitava (e dove non li cacciavano dopo tre giorni) e così via.
Acquistavano prefabbricati per poche manciate di milioni, che d’inverno si riempivano di muffa, di gatti o di tossicodipendenti. I più fortunati riuscivano anche a trovare gatti tossicodipendenti ammuffiti. D’estate impraticabili, tra zanzare grosse come deltaplani e discoteche rombanti sotto casa, d’inverno il clima mite comunque non evitava il riscaldamento o un camino.
Le attività a mezzo servizio, gli ospedali messi sempre peggio, gli autoctoni in ferie o in letargo e i prezzi sempre più alti: ecco che in una ventina d’anni questi luoghi per anziani più o meno arzilli hanno perso il loro appeal. Così, pole pole come si conviene, si è fatta largo l’Africa.
Malindi: terzo mondo per terza età. La prima volta, ovviamente, in un villaggio turistico.
Vacanza rigorosamente fuori stagione, per approfittare dell’offerta all inclusive da 500 euro a settimana, compreso anche l’aereo! I primi tempi era meglio specificare, perché il Kenya fino a metà degli anni Ottanta era una destinazione d’elite, e nelle agenzie con 500 mila lire ti facevano vedere il depliant, un documentario e sentire l’odore di una scoreggia di ghepardo sottovuoto per entrare nel “climax”, altro che voli charter...
Oggi arriva l’allegra coppietta sessantacinquenne nel bell’hotel in riva al mare. Che gli importa a loro delle alghe? Tanto il bagno in mare non lo facevano nemmeno a Santa Marinella o ad Alassio. Una bella piscina, quella sì…rilassante e comoda, che ci si tocca e si può mettere il braccio sul bordo per ricevere un cocktail di frutta analcolico dal cameriere o ricevere un pestone dall’animatore rasta, distratto e saltellante. Fa un po’ troppo caldo, ma le ossa a una certa età preferiscono il tepore al freschetto, le zanzare sono un falso problema, perché il sangue di uno che ha respirato per più di mezzo secolo lo smog delle città italiane, fa schifo anche a loro.
Il Kenya è tutto positivo, e non solo siero! La coppietta, entusiasta, viene avvicinata da un venditore italiano (finto) giovane, (finto) dinamico e (vero) paraculo che illustra loro altri numerosi vantaggi del vivere a Malindi. Il maggiordomo a 70 euro al mese, il cuoco a 100 euro al mese, la badante a 120 euro al mese più gli extra per il marito, l’autista a 140 euro al mese più gli extra per la moglie. In più i venditori di case, dalla fine degli anni Novanta, devono ringraziare un elemento aggiunto: non il calo dei prezzi delle tegole canadesi e nemmeno l’importazione degli economici sanitari cinesi. L’elemento aggiunto per far vendere ancora più case è piccolo, piccolo, piccolo…tre centimetri di pastiglietta azzurra. Da allora, chissà come, i mariti spingono molto di più per la destinazione finale Kenya. I primi tempi portano la moglie in safari, la stancano con le gite in barca, con camminate sulla spiaggia, la iscrivono al golf, la mandano al mercato a scegliere personalmente la frutta e le ceste in vimini, a prendere il sole alla Rosada o al Parco Marino tutti i giorni…sperano di sfinirla e farla addormentare presto la sera per poi uscire di sottecchi ed andare a ballare al Fermento. Risultato: le anziane signore rifioriscono, si abbronzano, conoscono gente, imparano la lingua, capiscono vita e tempi africani. Vivono una nuova stagione e contraggono il mal d’Africa.
I mariti si gonfiano di birra, hanno occhiaie da tiratardi, si perdono dietro a ragazzine che li fanno soffrire come quando erano adolescenti e contraggono lo scolo (se gli va bene…).
Immaginate la scena: il marito torna a casa alle sei di mattina, dopo essersi ubriacato per attendere la fidanzata occasionale che si è attardata a ballare fino a tardi. Si è addormentato sul suo seno d’ebano e non ha fatto niente, in compenso aveva preso la pastiglia ed è stato cacciato a pedate fuori dalla sua stanzetta in affitto. La moglie, intanto, è già sveglia e pimpante, sta mangiando ananas e mango e si prepara al jogging mattutino in compagnia di Katana, il suo personal trainer. Lo vede presentarsi strepennato come Jack Nicholson nelle Streghe di Eastwick e con una roba gonfia in mezzo alle gambe che non aveva mai visto.
“Eginio…ma dove sei stato…che ti è successo…mi hai fatto stare in pensiero…ma…cos’hai nei pantaloni?”
“Lascia perdere…una serataccia…mi ha punto uno scorpione, mi hanno portato all’ospedale in stato di semincoscienza…ma ti ho mai detto che sei ancora una donna bellissima…vieni qua, mia leonessa d’Africa!”
“Eh…ma che dici…devo andare a correre, caro, che poi alle nove ho la parrucchiera per le treccine”.
Non sempre l’armonia di coppia viene esaltata in questo modo a Malindi, c’è anche chi non coltiva velleità “sentimentali” e preferisce un’intensa attività intellettuale: partite a scopa, pettegolezzi al bar, allegre dissertazioni su cateteri, dipartite e figli irriconoscenti, come nelle migliori tradizioni italiche. C’è chi insiste che a Malindi mancano le infrastrutture, che la popolazione locale non s’impegna abbastanza per lo sviluppo economico, che i turisti non vengono perché mancano i servizi…la verità è che il tempo passa e i residenti invecchiano, i pensionati di un tempo oggi sono già ultraottantenni e hanno bisogno di divertimenti…con altri arrivi il “gerontokenya” potrebbe diventare un business! Basterebbe poco per riempire ancor di più Malindi: un bell’ospizio con procaci infermiere locali in gonnellina e aitanti damoni di compagnia, un paio di bocciodromi con Kazungu che sposta le bocce, la tusker al posto della spuma e il rutto libero, un ristorante con menù di brodini digestivi di coccodrillo e samosa purganti alla papaia, un parco con panchine e una fontana nel mezzo, una bella rivista scandalistica tipo “Malindi 3000” da commentare e un moderno, elegante cimitero tropicale dove prenotare la propria lapide in pietra saponaria con il proprio mezzobusto in puro ebano.
Allora sì che Malindi sarebbe quella che abbiamo sempre sognato per il nostro futuro.
Un enorme, rigogliosa, equatoriale casa di riposo Villa Arzilla.

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