domenica 4 aprile 2010

FREDDIE BECCIONI: 3 - SERSONE, PIERFLAVIO E I TIFOSI VERI


Adoro quando il Grifone gioca di sabato. Così posso scendere a Zena intorno alle 11 del mattino col mio amico Donuts, gran genoano e superammanicato, un po’ provato dal venerdì milanese in Brera, e gustarmi la prima Grey Goose della giornata all’altezza di Casei Gerola. Me la scolo tutta in dirittura del casello di Genova Est, per paura del posto di blocco, ma tengo sempre una mignon di Amaro 18 Isolabella in tasca. Così se mi ferma la volante, scendo dal Suv e, davanti all’agente, m’ingollo il liquore d’un fiato e dico: “da adesso in poi guida il mio amico…è che quando vedo un poliziotto mi emoziono e devo bere qualcosa”. Secondo il codice della strada l’agente non può più farmi la prova del palloncino...ahahaha, quello s’incazza ma non ci può fare niente!
Su questa goliardata ci ho scritto anche una canzone: “Più furbo di un palloncino”. Sapete chi mi ha insegnato questo trucco? Proprio lui, Serse Cosmi. Mannaggia all’uomo del fiume (altro titolo buono per una canzone, scusate…smetto un attimo di scrivere e la compongo, ballata alla De André, ovviamente) con lui ne ho fatte di crude…cotto era sempre l’umbro, alla fine della nottata. A Finale Ligure c’era un localino per scambisti, si chiamava “Fermento”. Ci presentavamo con due mign…no, ma forse questo non si può dire perché Sersone è ancora sposato…comunque mi ricordo le baldorie dopo il 3-0 di Treviso, quando c’incontrammo a metà strada a Cremona, e la sera del pareggio in casa col Catania, che andammo in giro tutta notte a cercare Pantanelli, “in che cazzo di discoteca sarà quel bastardo…”.
Eh, quante avventure con quel crapone. Oggi me lo ritrovo con l’acqua alla gola, da avversario. Non so se chiamarlo, ma è già tardi e devo lasciare la macchina da zia Esterina e prendere il motorino di zio Tiberio, che tanto sta a casa a guardarsi il Doria in televisione. Mentre Donuts svolanta come un pazzo per Sant’Ilario, apro una Grey Goose e indosso già la sciarpa “Io non mollo”. Tanto per gradire e ribadire il concetto con l’ironia che mi è propria, mollo invece una sonora scorreggia.
“Dicono tutti che non mollano, ma poi…hahahaha” urlo, bloccando l’apertura dei finestrini.
“Fai veramente schifo, Beccio” starnazza Donuts, togliendo la circolazione interna dell’aria condizionata del X-Five. Poi smette di lamentarsi e fa finta di svenire. La mia spalla ideale.
Arriviamo all’una e qualcosa a casa degli amati zii. Quella santa donna sta già preparando il pranzo per domani (ecco il secondo motivo per cui godo quando il Genoa gioca di sabato), mentre zio Tiberio è assorto nell’Avvisatore Cicloturistico. Lo saluto con due dita sul coppino e un’alitata di vodka, lui leva lo sguardo dal Secolo e mi fa: “il motorrino non gè”.
“Cazzo, come non c’è, zio!?!”
“Lappreso Pierflavio”
Nooooo. Sono arrivato troppo tardi. E adesso mi tocca correre, o più realisticamente prendere un taxi. Pier è il secondogenito degli zii. Lo so, dovrei dire “mio cugino”, ma un po’ detesto quei presuntuosi di Elio e le Storie Tese, un po’ non vado d’accordo con Pierflavio. Lui è uno dei quattro gatti rossoblu che non fanno altro che criticare: Gasperini, la dirigenza, la Nord, la Fifa, la Uefa, il Coni, la Daspo e questo paio di maracas. Sembra non ci sia nulla che funzioni nel Grifone che da tre anni ci fa godere nelle zone alte della classifica. Lui dice che sono critiche costruttive, che con la squadra che avevamo l’anno scorso dovevamo andare in Champions e che avremmo dovuto tenere Milito e Thiago Motta, e magari comprare altri due campioni così…per poi andare in bancarotta…è uno di quelli che solo perché erano a Salerno e a Giulianova, credono di poter fare a chiunque la morale, e che ci siano tifosi di serie A e di serie B. In verità io in C non sono andato mai a vedere la squadra perché in quel periodo il sabato sera suonavo sempre al piano bar di via Fiori Chiari a Milano, e facevo le nove del mattino. Ai tempi bevevo Moskovskaya e quella merda mi ha rovinato il fegato. Mi alzavo alle due se andava bene. Mi dici come facevo ad andare allo stadio?
“Zio, però mi avevi promesso…”
“Lo so, ma Pier mi addetto che non te lo meriti, perché vuoi che il Cenoa abbantoni il Ferraris”
“Ma anche tu lo vuoi, zio!”
“Sì, ma non guì a Sant’Ilario…”
“Perché?”
“Troppo casino, sotto casa. E poi l’otore di salsizza mi da la nausea. Io la domenica voglio cotermi il pranzo di Esterì e poi quardarmi il Doria in tv”.
“Comunque Pierflavio di calcio non capisce un belino…”
“Mi vuoi offendere, Federico…”
Quando mi chiamano Federico, potrei fare un gesto estremo, tipo lanciarmi fuori dalla finestra dalla rabbia o staccare la cornice del ritratto di Cristoforo Colombo che c’è in salone.
“Scusa, devo andare un attimo in bagno, poi riprendiamo il discorso” dico, e filo di corsa a sgargamellare l’altra mezza Grey Goose. Torno più sereno.
“Mmmmhhh…chiamami Freddie, per favore zio…perché ti dovrei offendere?”
“Perché io la penzo come ammio figlio. Avevate una sguadra da gembions e non solo non la racciungete, ma vendete anche i due pezzi migliori? Per combrare chi, Froccoli e Grespo che poi a cennaio mantate via per accattarvi quel rottame di Suazo e chillu… come si chiama, Dolceacqua?”
“Acquafresca”
“Eeeh…acqua fresca. Noi Cassano e Pazzini ce li siamo tenuti, e senza spendere molti soldi in più, guarda dove siamo…quest’anno ve la mettimm’ in du’ cul!”
“L’ho sempre detto che Pierflavio, sotto sotto, è un doriano…”
“Se la penzi accuesto modo, allora è giusdo che abbia dato il motorrino attuo cuggino, Federì”
Sento di avere un principio di dermatite seborroica.
“Scusami, zio, la conversazione è assai piacevole, ma devo proprio scappare, altrimenti arrivo tardi allo stadio. Ci vediamo più tardi…”
“Vai, ragazzo…e salutami a Zapatero!”
Ma vaffanculo, terrone del cazzo.
Bacio zia Esterina e torno da Donuts, che nel frattempo si è addormentato nella macchina, in garage. Dev’essere l’effetto della scorreggia ancora in circolo.
Apro la porta, effettivamente c’è un fetore tremendo.
Lo scuoto.
Niente.
Suono il clacson.
Fa uno strano verso, tipo un rabbino con le adenoidi durante la preghiera ebraica del sabato.
Cazzi suoi. Lo lascio in macchina e vado.
Prendo al volo un taxi. Grande, ha il gagliardetto del Genoa!
“Al Tempio, per favore!”
“Doooveee?”
“Allo stadio, al Luigi Ferraris!”
“Ah, ecco…pensavo che eri un testimone di Geova…”
“Conviene anche lei con me che bisognerebbe fare un altro stadio ex-novo?”
“A me quel che decide la società, va bene”
E tronca lì.
Cerco di ristabilire la comunicazione.
“Che facciamo oggi?”
“Pareggio. 1-1. Gol del Livorno al novantesimo”
Mi tocco le palle, resto in silenzio, pago e scendo davanti allo stadio.
Indosso un berrettone alla Stefano Rosso, quello di “che bello, gli amici una chitarra e uno spinello”, che io ho parafrasato nella mia geniale “Una storia onesta” che fa “che brutto, i nemici un pianoforte e un tiro di coca”, metto degli occhiali neri spessi e i baffi finti ed entro in tribuna. Questa volta va così, dopo Siena non ho voglia di essere riconosciuto.
“Buongiorno Beccioni” mi urla la maschera, vedendomi da lontano. Ma che cazz…
Due oltre il cancello si girano, armeggiano in tasca e lanciano verso di me una lattina piena di birra. Mi sposto di scatto.
Colpiscono un ragazzino con la madre e succede un mezzo parapiglia.
“Grazie, sono astemio” grido, sghignazzando, alzando il dito indice e prendendo la via dell’ingresso. Il movimento innaturale delle labbra mi fa cadere i baffi e, mentre mi chino per raccoglierli, mi arriva qualcosa in piena nuca che sembra una palla di baseball lanciata da Faso.
Maledetti ultras, è diventato sempre più difficile assistere a una partita del Genoa, ma questa volta in ospedale non ci voglio andare.
Passo i novanta minuti nell’infermeria dello stadio e all’urlo della Nord faccio per alzarmi in piedi, ma la testa gira e reagisce in malo modo, come Juric a una veronica di Totti.
“Chi ha segnato?” faccio all’addetto
“Boh, chi è?” risponde
Ma vaffanculo, infermiere doriano.
Nel mio stadio dei sogni, l’infermeria sarà sostituita da una Spa con massaggi thai e cromoterapia.
Mancano pochi minuti alla fine ed è tutto calmo, che strano, non si sente neanche la Nord incitare la squadra, deve essere proprio una gara tranquilla.
Entra in infermeria un uomo con un cappottone, un berretto alla Lucio Dalla e una folta barba.
Se la toglie.
E’ Donuts!
“Amico, come stiamo gioc…”
Non riesco a finire la frase. Vibra una loffa micidiale a due centimetri dal mio naso, deve avere assaggiato in anteprima le verdure ripiene di zia Esterina.
Perdo i sensi pensando che comunque siamo riusciti a battere 1-0 il coriaceo Livorno dell’amico Cosmi, che doveva salvarsi a tutti i costi. Siamo ancora in corsa per l’Europa League e domenica prossima c’è il derby…stasera chiamo Sersone e gli presento Zadka e Karina, ce ne andiamo a Varazze e in culo a Donuts, a Pierflavio, al tassista e a zio Tiberio…e buona Pasqua a chi tifa Genoa veramente.

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