lunedì 19 aprile 2010

FREDDIE BECCIONI: 5 - FINTI GENOANI, VERE RUMENTE E IL "VODKA MADONNA"


Evaporato in una nube islandese/in uno dei molti tornelli del Ferraris/con un bisogno di trazione anteriore/troppo “se tifi Genoa piangi” per essere corrisposto…
Domenica mattina, Svetlana dorme e io non riesco a scrivere una canzone come si deve.
Peccato, sarebbe la ballata numero mille, da professionista.
La novità è che non mi fanno andare a Parma…te le fanno soffrire le ultime trasferte senza tessera del tifoso…Sono incazzato soprattutto perché da Ugo, sulla via per Traversetolo, fanno i migliori tortelli dell’Emilia e il suo antipasto di salumi e sottolii è una meraviglia tale che riesco anche a pasteggiare a Lambrusco (secco).
Così mi tocca prendere il Suvvetto e andarmene a Zena, perché la cabala mi dice che se me ne sto a Milano, perdiamo. Non che ne faccia un dramma, ma il Prez ha detto che ce la dobbiamo giocare fino in fondo, e poi quella faccia di Colonnata di Ghirardi mi sta sul culatello.
Zia Esterina e zio Tiberio non ci sono, il destino li ha chiamati in Calabria, per il funerale del fratello del vecchio doriano che è morto prima di lui perché tifava Toro. Approfitterei di Sky per vedermi la partita in santa pace, scoreggiando sul divano di un doriano, ehehehe.
Arrivo in discreto anticipo a Sant’Ilario con tre bocce di Grey Goose e una scorta di focaccia al formaggio da fare invidia a un avellinese, entro in casa e…nooo!
C’è Pierflavio.
“Ah…anche tu qui?”
“Vedi un po’, è casa mia, Dodi Battaglia…”
“Vabbè, casa dei tuoi genitori, diciamo…”
“E tu sei solo un cugino che ne approfitta. Un po’ come i delegazionisti con il Ferraris…”
“Perché devi sempre offendere per primo?”
“Perché sei entrato già con ostilità. Non possiamo vedere la partita insieme?”
“Con te che non fai altro che criticare?”
“Io non critico mai durante la partita, faccio le mie considerazioni prima e dopo. Durante la partita, tranne oggi che era vietata la trasferta, io canto…”
“Anche io canto…”
“Sì…lasciamo perdere…”
“Tu sei contro la dirigenza che ha costruito il più grande Genoa di sempre”
“…e lo ha distrutto dopo soli dodici mesi, vendendo i tre pilastri principali”
“Sei contro il più grande e duraturo allenatore che abbiamo mai avuto”
“…che riteneva Olivera più forte di Figueroa e Suazo meglio di Floccari. Che fa giocare Palacio terzino e anche se ha una delle difese a 4 più forti d’Italia, la fa giocare a tre e prendiamo sessanta gol”.
“Vedi che con te non si può parlare?”
“Parlare di calcio sì, di fede cieca negli uomini no. L’unica fede è quella nei colori e nella nostra storia. Nemmeno il “popolo rossoblu” esiste più. Esiste l’idea. Allora mi puoi dire che sono un idealista”
Minchia. Mi tocco le palle (me tastu se ghe sun, dovrei dire, ma Milano mi ha contagiato) e capisco che con le parole di Pierflavio non potrei mai scriverci una canzone. Nemmeno alla Claudio Lolli.
“Quando però il Genoa ti vince il derby 3-0 con Milanetto e Rossi, non sei lì a ringraziare l’idea…”
“Sono lì, così come c’ero a Genoa-Cosenza e a Salerno. E tu, dov’eri? Ho le mie idee e me le tengo. Nessuno può comprarmi. Scommetto che a te piace la Tessera del tifoso…”
“Ehm…”
Mancano due ore alla partita.
Mando affanculo Pierflavio e prendo una decisione storica: mi compro un bel biglietto di gradinata Nord e mi godo finalmente il mio stadio, senza timore.
“Ti prendo il motorino, se non ti dispiace, caro…”
“Basta che non lo rivendi realizzando un’interessante plusvalenza…”
Ma rivaffanculo.
Prima di entrare mi fermo al mercato coperto, c’è un fruttivendolo ancora aperto e un droghiere.
Compro un chilo di limoni di Sicilia e una bottiglietta di Tabasco.
E’ la ricetta del “Vodka Madonna”, il mio cocktail preferito. ¾ di Grey Goose, ¼ di succo di limone tre gocce di tabasco e ghiaccio. Roba che se le lo bevi d’un sorso, reciti l’alleluja, se ne bevi quattro di fila, canti come Jeff Buckley. Se ne bevi dieci, fai la sua stessa fine.
Me ne faccio sette, artigianali con un bicchiere di plastica. Con un’intuizione degna di Milanetto, utilizzo il ghiaccio del bancone del pesce, che ha appena chiuso.
Sono pronto per entrare nel Tempio.
In silenzio, con una sciarpina azzurra per non dare nell’occhio, sono nella Nord a tifare Milan.
Che mi fa un po’ schifo comunque, ma è sempre meglio di una bastonata in testa. E io lo so bene…
Dopo dieci minuti dal calcio d’inizio ho capito qual è la tattica delle rumente. Primi venti minuti a correre come dei forsennati cercando il gol, come contro di noi. Questa volta però non ce la fanno. Segna invece Borriello!!! Ecco il vero derby…grande ex genoano…ce l’avessimo avuto noi quest’anno…intanto da Parma arriva la notizia che il Grifone è in vantaggio.
Piovono fischi. Da cicloamatori a ciclo-odiatori….ahahaha questa è bellissima.
All’intervallo, dopo che i ciclotimici con velleità europee hanno sfiorato il pari e i rossoneri con illusioni scudettare sembrano la fotocopia sbiadita di quelli che hanno preso tre pappine a Manchester, ascolto un po’ di discorsi cerchiati.
Alcuni sostengono che Genova sono loro, per diverse ragioni: perché da quando ci sono, hanno vinto più cose, perché loro hanno il presidente genovese e il Genoa ce l’ha avellinese (ma chi l’ha detto, come minimo è silano), perché la Sampdoria è “l’immagine positiva e ottimistica di questa città”. Quest’ultima frase mi è piaciuta talmente che sono andato di persona a complimentarmi con il signore che l’ha pronunciata, gli ho detto che ci avrei scritto una canzone sopra e il suo amico, battendomi la spalla, ha detto “ma lei non è Beccioni, il cantante? Ma non era genoano?”
Alla parola “genoano” si sono girati in una ventina, tra cui equadoregni, senegalesi, due zoccole ma genovesi e un genovese ma figlio di puttana che mi ha preso per il collo e tirato giù.
Sono volati calcioni, cazzotti e accuse di arrivismo. Poi un’anima pia non genovese mi ha raccolto e mi ha rimesso al mio posto.
“Vuole continuare a seguire la partita?” mi ha detto.
“Come no, adesso viene il bello, ribaltiamo il risultato!”
Sarà stata la botta in testa, ma ho iniziato a tifare i ciclisti. Ecco che arriva il rigore di Cassano e l’espulsione del Bocchetti del Milan, che si chiama Bonera.
Che grinta le rumente, mentre da Parma annunciano che Palacio ha raddoppiato.
Intanto il Milan si mangia in dieci almeno tre volte il vantaggio e il Parma in cinque minuti pareggia. Boato di approvazione dalla Nord. Ma sì, maledetto Gasperini che non sa difendere, esulto anch’io! E al gol di Fatic ho anche un brivido di scontentezza.
A dieci minuti dal termine succede qualcosa di incredibile. Come avessero bevuto anche loro il Vodka Madonna, i giocatori del Milan vagano ubriachi per il campo. Non riescono a tenere il pallone tra i piedi, non hanno tattica né idee. Noi lo capiamo e prendiamo coraggio e alla fine, all’ultimo minuto di recupero, Pazzini la mette dentro!
E’ più forte di me, esulto! Siamo con un piede in Champions League! Abbraccio l’uomo che mi ha preso a calci, bacio il pugno che ruppe il mio naso, mi faccio avvolgere da una sciarpa cerchiata e vedo qualcuno che scatta una foto con il flash di un cellulare.
Che mi succede?
Troppi Vodka Madonna?
O forse sto abbracciando le idee di Pierflavio…ma sì, sono talmente genoano che sto diventando doriano! Ha ragione lui, sarebbe stato meglio un allenatore come Del Neri, con un solido 442. Non ne possiamo più di Gasperini, con quel modulo che una volta vinci 5-3 e l’altra ne prendi 4 e a casa. Che se non sei più che in forma, sei inguardabile. Per non parlare del nano che fuma il sigaro e del suo amico Peter Falck. Mi sono sempre stati sul cazzo, ma in fondo hanno capito tutto del calcio moderno e sanno spendere bene i soldi. Loro i tre pilastri, Palombo Cassano e il Pazzo, non li hanno venduti, hanno preso solo giocatori funzionali al modulo dell’allenatore e non si divertono a giocare al calciomercato.
Forse non è un motivo per cui debba tifare il Doria, forse solo un finto genoano può diventare una vera rumenta, forse ci stanno portando a una lenta e inesorabile fusione.
Per ora la fusione è sicuramente mentale e privata, sono ancora sotto l’effetto del Vodka Madonna. Una volta tornato a casa, sui Navigli di Milano, con Svetlana, la mia Gibson e due litri di tè verde freddo, ci penserò meglio.
E quando avrò trovato la soluzione, sarà comunque troppo tardi.

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