sabato 25 ottobre 2008

NONNO KAZUNGU E LE NOTIZIE

Quel pomeriggio il sole rideva come quando le nuvole si prendono a calci da qualche altra parte, un vento consapevole trasportava l'odore della sterpaglia bruciata e delle vacche al pascolo, i canti giocosi dei bimbi e quelli di fatica delle donne, chine sul bucato o in piedi con la schiena fiera e i pesi in testa.
"Cosa c'è di più multimediale del vento – ragionava in italiano, parlando in swahili lo Svaporato – regala il suono d'ogni cosa, trasporta oggetti che puoi vedere, come quel sacchetto di plastica o quella foglia, e anche l'odore del mondo. Inventeranno mai un telefonino o una televisione che ti fa sentire l'odore del luogo da cui trasmette?"
Lo Svaporato non era stato soprannominato così per caso. Nonno Kazungu osservava quel ragazzo irsuto e ciondolante, figlio del suo storico datore di lavoro italiano di Malindi, che era passato a trovarlo a Kakoneni.
"Non ti seguo, ma ho capito" rispose.
"Che ci importa della televisione, quando abbiamo il vento?"
"Adesso ti seguo…ma non ti capisco. Uomo bianco, vieni in Africa e ci tratti come primitivi, te la prendi perché non capiamo un accidente, perché siamo indietro, perché non collaboriamo e viviamo alla giornata…e poi vorresti tornare indietro tu e ascoltare il vento?"
"Nooo, per carità! – sorrise lo Svaporato – ogni tanto sogno…e i sogni mica li puoi scegliere…arrivano da soli"
Nonno Kazungu fece segno di attraversare la strada, in lontananza un uomo portava a mano la sua bicicletta, carica di carbone.
"Allora facciamo che anche la televisione sia uno di quei sogni che non possiamo decidere di sognare…che ci importa delle notizie, abbiamo il vento!"
"Ah, Kazungu, quanto ci manca la tua saggezza a Malindi…"

Raggiunsero il Safari Bar che era già l'ora di una birretta, per lo Svaporato, e di un "ginger ale" per il nonno.
"Ah, oggi hai portato il mzungu! - esclamò l'enorme barista Kibonge, alla vista dell'italiano – così ci spiega perché agli americani piace mettere la gente nei guai per poi aiutarla e potersi vantare di avere aggiustato le cose. E' come sei io ti regalassi un cucciolo di leopardo per fare da guardia al tuo villaggio, quello cresce e un giorno ti sbrana due nipoti e distrugge mezza capanna. Allora arrivo e lo ammazzo con un colpo di fucile, proprio mentre sta per azzannarti alla gola e ti dico – se non ci fossi stato io, a quest'ora saresti bell'e morto, mio caro -".
"E magari ti convinco a comprare anche il fucile…a prezzo di favore, s'intende" aggiunse Makotsi, l'elettricista.
"Questo bar è un covo di reazionari - precisò nonno Kazungu all'ospite occidentale, sorseggiando il suo ginger ale tiepido – sono convinti che si stava meglio quando si stava peggio…ma loro stessi erano i primi a lamentarsi del presidente-dittatore. Al referendum votarono per la democrazia, festeggiarono le prime libere elezioni. Non è ridicolo tutto ciò?"
"La democrazia non va bene per l'Africa" lanciò Kibonge
"Ti meriti Amin Dada…" replicò Lawrence Kamongo, il venditore di telefonini
"E tu Hillary Clinton…"
"Brutta donna bianca grinzosa…"
"Sarà bella quella cicciona di tua moglie…"
"Baaastaaaa!" urlò il prete, vedendo che la discussione rischiava di degenerare nella volgarità.

"Credo che sia nella natura dell'uomo – disse lo Svaporato – ogni tanto sente il bisogno di cambiare, di evolversi. Ritiene il cambiamento un fatto positivo di per sé, senza preoccuparsi se porterà benefici o meno".
Nonno Kazungu sospirò.
"Mi parli di istinto. Ma l'uomo è un animale e qui siamo alle porte della Savana. Dimmi, ha mai sbagliato la Savana? Il grande esempio di coerenza della Savana non ci ha insegnato niente?"
"Eccome se vi ha insegnato…infatti abbracciate le idee democratiche soltanto duecento anni dopo la Rivoluzione Francese!"
"Nessuno ci aveva avvertito…"
La platea del Safari Bar scoppiò in una risata.
Anche Kibebe lo scemo che di tutto il discorso aveva compreso solo "animale" e "Savana".
"Gli animali sono animali, Kazungu…pensa cosa accadrebbe se un giorno una gazzella convincesse le altre che esiste un posto in cui il leone per legge non può sbranarle…"
"Non ci crederebbero!" gridò Kamongo, il venditore di telefonini.
"Le direbbero – vacci tu e poi mandaci una cartolina -!" rise Makotsi.
"No, un animale non lascerebbe mai la sua Savana, a costo di rischiare ogni giorno la sua vita"
"Vedete? L'uomo invece lo fa!"
"Perché l'uomo è più stupido degli animali!" sentenziò Kibonge.
"O perché è più coraggioso?"
"Incosciente, vuoi dire!"
"Insoddisfatto…"
"Affamato…vorace più di un coccodrillo"
"Intelligente…si vuol sempre migliorare…"
"Scemo…anche a costo di peggiorare!"

In quel momento il prete, che se n'era stato in disparte, si alzò e chiese gentilmente di fare silenzio.
"SSSHHHH. LE NOTIZIE!"
La televisione annunciava che una settimana di trattative serrate tra i due leader politici, con la mediazione di Koffi Annan, non era stata sufficiente a metterli d'accordo. Così il prossimo lunedì sarebbe sbarcata a Nairobi anche Condoleeza Rice in persona.
Il VERO presidente degli Stati Uniti, secondo alcuni, tra cui il barista Kibonge.

"Eccola! Viene ad ammazzare il leopardo…" disse Makotsi
"E a venderci il fucile!" rimbalzò il piccolo Kitsao, sollevando lo sguardo dal quaderno dei compiti.
"Ti sembra il luogo giusto, questo per studiare?" lo redarguì nonno Kazungu in tono burbero.
"E a te sembra il luogo giusto, un lussuoso resort in Savana e per discutere della crisi di una Nazione che si lascia centinaia di morti alle spalle?" rispose il saputello.
"Mi sa che questo ti diventa comunista…" disse lo Svaporato, appoggiando una mano sulla spalla del vecchio.
"Noooo…è soltanto rompicoglioni, con l'età si aggiusta…ma ha tanta voglia di studiare!"
"E noi lo manterremo" confermò il mzungu.
"Anche se ci si rivolterà contro…" sorrise Makotsi.

Il telegiornale si chiudeva rimandando tutto, per l'ennesima volta, alla prossima settimana.
Ribadiva però che gli scontri erano cessati e che le strade erano sicure, anche quelle per l'Uganda e le sterrate del Masai Mara.

Kibonge battè un cucchiaio sulla formica del bancone.
"E adesso vorrei sentire un parere dell'uomo bianco sulla situazione keniota!"
Lo Svaporato osservò dalle grate della finestra di fianco al suo tavolino il cielo che si colorava di lilla. Il sole aveva smesso di ridere, mandava vampate di luce rossa come sbadigli, velandosi di malinconia, dolce e aspro come un arancia.
Si sgranchì la gola e ordinò un'altra Tusker.

"La situazione keniota non differisce dalla situazione nel resto del pianeta. Nel mondo occidentale si vive di più ma si vive peggio, ci si ammala di altre malattie, si paga molto di più per essere curati leggermente meglio, si muore giorno dopo giorno e non di colpo, si diventa più ricchi fuori e più poveri dentro, più colti dentro e più ignoranti fuori. Nel mondo occidentale non si ascolta più il vento, ma la televisione…."
Sarebbe andato avanti per ore, e per tante altre Tusker. Ma era ora di tornare a Malindi, prima che il buio si impadronisse della strada. Lo Svaporato tornò in sé, valutò la platea e lo sguardo di nonno Kazungu implorante pietà.
"…Ehm…comunque ritengo che gli interessi mondiali in questo Paese siano tali per cui i due leader politici saranno obbligati a rigare dritto e trovare al più presto un compromesso, che rimetta in carreggiata il Kenya e limiti i danni arrecati all'economia. Arriveranno aiuti ai profughi e tornerà il turismo. Io sono ottimista, avremo presto buone notizie!"
"Bravo! Anche noi siamo ottimisti! Evviva le buone notizie" esclamò Kamongo!
"Avremo buone notizie!" fecero eco gli altri avventori!
"Con l'aiuto di Dio…" aggiunse il prete.
Makotsi lo salutò con affetto, Kibonge con un po' di commiserazione, intascando i soldi delle bevute.
"Alle buone notizie!"
Nonno Kazungu lo abbracciò.
Nell'aria si diffondeva odore di capretto alla brace e patate cotte nel carbone.
I due si guardarono negli occhi come animali della stessa razza.
I loro sguardi sembravano dire la stessa cosa.
"In ogni caso, abbiamo sempre il vento!"

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